Erriquez: “Ho dedicato un libro a mia madre per non perdere il suo ricordo”

Stato Donna, 19 luglio 2022. Come anticipato su Stato Donna, abbiamo intervistato Emiliana Erriquez per parlare del suo romanzo “La chiamavano Nocciolina” (Les Flâneurs Edizioni).La storia è quella di Elena, da tutti conosciuta come Nocciolina, che nasce a Foggia in una famiglia numerosa all’indomani del secondo conflitto mondiale. Confinata nel proprio quartiere, sperimenta sulla propria pelle le difficoltà del dopoguerra, soffocando sogni, desideri e impulsi.

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Nonostante il destino la costringa a confrontarsi con drammi familiari (la rinuncia agli studi per via delle ristrettezze economiche, la gelosia del padre) e tragedie storiche come il crollo di palazzo Angeloni e il terremoto dell’Irpinia, Nocciolina riuscirà a diventare una donna forte e indipendente, un punto di riferimento per la sua famiglia e per i pazienti della clinica psichiatrica in cui, sfidando la mentalità del tempo, ha deciso di lavorare.

Hai deciso di raccontare la storia di tua madre. È un modo di avere un contatto con lei?

Ho deciso di raccontare la storia di mia madre perché temevo di perdere i ricordi che ho di lei, questo libro è stato in un certo senso un dono che ho fatto ad entrambe: per ricompensarla in qualche modo di tutto quello che ha fatto per me e che mi ha dato e, per quanto riguarda me, per trattenere la sua memoria anche per i miei figli che non l’hanno mai conosciuta.

Perché “La chiamavano Nocciolina”?

Nocciolina era il modo in cui la chiamavano in famiglia perché aveva quest’aspetto alto e affusolato con i colori caldi delle noccioline, delle arachidi.

Quanto di te c’è nella sua storia?

C’è tanto di me nella storia, ci sono i miei ricordi, quelli di famiglia, la mia natura determinata che ho ereditato da mia madre, il suo sguardo severo forse, i suoi valori e le sue abitudini che sono diventate le mie… Mi ha insegnato molto e continuo a trarre insegnamenti dalle sue parole, che mi risuonano nella testa, e dai suoi gesti che sono indelebili.

Cosa vorresti che i tuoi figli imparassero dalla storia di tua madre?

Sicuramente vorrei che imparassero ad apprezzare i sacrifici che può fare una madre, ma anche la sua determinazione, la sua caparbietà e la sua umiltà che l’ha sempre contraddistinta, e soprattutto a rendersi conto che nulla è scontato nella vita e che le conquiste vanno inseguite, come i sogni.

Progetti per il futuro?

Al momento vivo una fase di cambiamento da un punto di vista lavorativo ma per il futuro continuerò a scrivere perché nella scrittura ritrovo me stessa, la mia pace interiore, è una sorta di rifugio e consolazione. Al momento ho un manoscritto in fase di valutazione da parte del mio editore, vedremo quel che accadrà. Dita incrociate!

Valeria Mazzeo, 19 luglio 2022

 

Redazione

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