StatoDonna, 31 marzo 2022. Storie di passioni e di carriere considerate tradizionalmente “maschili” non solo in un atavico retaggio maschilista ma che hanno trovato ostacoli anche nelle nuove generazioni di uomini.
Hanno raccontato l’ostinazione nel perseguire i loro obiettivi lavorativi, talvolta contro l’ostruzionismo della famiglia, quattro donne invitate nella sala consiliare di Palazzo Dogana dall’associazione Impegno Donna e dalla consigliera di Parità Assunta Di Matteo. Donne oltre gli stereotipi
Le socie hanno moderato l’incontro. Di seguito il resoconto delle loro esperienze e delle barriere che hanno superato.
Ha cominciato da viceispettore nella Polizia facendo un concorso all’insaputa dei suoi genitori, in particolare di suo padre che è sempre stato “molto geloso”. Viene da una famiglia che ha 9 figli, lei è una delle due donne. All’ Ispettorato di Cerignola da nove anni, è nata ad Andria ma non ha mai voluto lavorare nella sua città. “Le ispettrici di Polizia le vedevo solo nelle grandi città, mi sono laureata in legge, poi il concorso da viceispettore. Sono alta 1.87, non ho potuto giocare mai a pallavolo, per esempio, avevo una fisicità appariscente e mio padre, per questo, mi ha tenuta bloccata”. Arriva ad agosto in un paesino in provincia di Reggio Calabria, prima sede dopo aver superato il concorso, una faida ha mietuto cinque morti negli ultimi giorni. “Qui non ti lascio”, le dice suo padre, che poi si convince dopo una chiacchierata con il giovane commissario. “Mi sono trovata con gente che collaborava con me e aveva esperienza, il mio punto di forza è sempre stato l’umiltà, non ho mai nascosto le mie paure, mi sono sempre mostrata per quello che sono. Avvicinandomi a un cadavere la prima volta dissi ‘facciamolo piano piano’, non ero abituata, anzi, non ci si abitua mai. Nella professione uso la stessa umanità verso una donna vittima di violenza e verso un pregiudicato che, portato in carcere, dice di non avere nulla da mangiare”.
Si definisce una stacanovista, non è sposata e non ha figli. “Per l’impostazione che ho dato alla mia vita sarebbe stato difficile. Ricevo tutte le persone che hanno bisogno di me, do il cellulare a donne vittime di violenza, parlo con loro, cerco di capire, ne parlo con i miei collaboratori. Il mio arrivo al commissariato di Cerignola è passato al vaglio dell’ex commissaria di Foggia.
Mi ha apprezzato dopo un anno (insomma, anche noi donne siamo severe, e lei lo era), dopo la manifestazione dei forconi a Cerignola. Non ho avuto impedimenti, sebbene spesso, prima del mio arrivo in un commissariato- e me l’hanno confessato dopo- si dicevano fra loro: tanto è una donna, che vuole combinare? Per il resto non ho trovato ostacoli ma do tantissimo, senza limiti.
La mia è una vita dedicata interamente alla polizia e, anche se a volte mi fermo a riflettere su quello che ho perso, lo rifarei”.
Voleva fare l’avvocata poi la vita è andata diversamente. “Mio padre è morto e ho preso io l’azienda, sono 33 anni che svolgo questa attività e spesso mi sono trovata in riunioni con 14 uomini e una donna. Sì, all’inizio mi credevano una sprovveduta invece sono diventata brava. La cosa più bella del mio lavoro è che mi interfaccio con tutti, in 33 anni di professione, fino a oggi, sono ancora 20 (solo) le donne che in tutta Italia si occupano di questo settore in cui, certo, ho trovato ostruzionismo. Con umiltà sono riuscita ad appassionarmi in un settore difficile, in questo territorio, e a imparare sul campo”.
La passione per la cucina l’ha scoperta sin da piccola, “cucinavo per tutti i miei amici del cortile dove giocavo”, dice facendo sorridere la sala. Ha lavorato nel settore di organizzazione di eventi ed è sempre stata sostenuta da suo marito, che l’ha appoggiata in tutto quello che voleva fare. “Forse non sono stata scaricata di qualche responsabilità ma non ho trovato ostacoli quando ho voluto intraprendere la professione di chef, che ti fa lavorare di più proprio nei giorni in cui per gli altri è festa. Quando i miei figli erano in età scolare non esisteva ancora whatsapp e i compiti, se necessario, me li facevo mandare via fax.” La federazione nazionale cuochi, di cui fa parte, ha ritenuto opportuno creare le “lady chef “. “Io non sono d’accordo: perché anche qui c’è l’esigenza di una sezione? La settima scorsa ci sono stati i campionati a Rimini, gareggiavano solo uomini ed è difficile entrare a far parte di questo gruppo. È paradossale che un’attività considerata ‘da donne’ poi diventi così difficile quando si arriva a questi livelli”.
Noemi Loana Lorinez è una pilota civile, sta ancora studiando dopo la laurea in lingue per diventare pilota di linea. I genitori sono rumeni, lei è cresciuta con il padre meccanico appassionandosi di fisica e di motori. In Inghilterra fa la scuola di volo e lavora come hostess. “Ma perché non continui con questo lavoro che è più femminile?” le diceva sua madre quando lei cominciava a pensare di guidare gli aerei.
“Ho ricevuto il miglior consiglio da un ex pilota militare. Mi disse: ‘useranno tutti i mezzi per ostacolarti, diranno che sei troppo sensibile, che piangi, che sei in quel mese lì’. Il momento peggiore l’ho vissuto quando sono andata meglio di loro a un esame, hanno minimizzato il mio sforzo dicendo che era successo perché ero donna. Ho iniziato a crearmi i problemi, forse hanno ragione, mi dicevo.
Poi a 29 anni- oggi ne ha 32, ndr- io e altri 5 ragazzi abbiamo fatto l’esame e il mio istruttore mi ha detto: il fatto che tu abbia alzato questo macchinario e lo abbia portato a terra è un successo. Ho incontrato altri istruttori e nessuno era severo come lui”. Hai mai pensato di lasciare? “Ogni settimana almeno- ha risposto alla domanda della sala-, mi emarginavano, ci sono voluti anni per essere accettate. Non ti aspetti da un giovane pilota che ci sia questa mentalità, pensare che all’inizio nessuno voleva venire in volo con me. Ho conosciuto donne pilote militari, anche sui social. Immagino le loro difficoltà, ma ce ne sono tante che lottano contro tutto questo”.
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