Ritorna dopo un anno di Covid nei pressi della città del cinema, laddove si tiene il mercato del venerdì, e continua a essere frequentata anche dalla gente della provincia fregiandosi di essere più conosciuta del famoso appuntamento settimanale. Di questo evento si sa quante bancarelle hanno ottenuto la concessione, da dove vengono gli ambulanti, quante se ne contano ogni anno, com’è cambiato il piano del commercio ma se ne percepisce poco l’evoluzione, e tantomeno l’origine. Che c’entra, per esempio, Santa Caterina con la città di Foggia? Pare che prima della chiesa di San Giovanni Battista sorgesse in quel luogo una chiesa a lei dedicata, ricostruita dopo il terremoto del 1731.
Un testo edito da Claudio Grenzi dal titolo ‘Turisti e mercanti di ieri’, firmato da Antonio Ventura, racconta che una fiera esisteva nel 17° secolo e correva parallelamente a quella dell’agricoltura ad aprile-maggio.
Era il mercato d’autunno dedicato al bestiame in cui si svolgeva la fiera di Santa Caterina. Più meno dagli anni ‘50 è diventata una kermesse autonoma, o almeno a questo periodo risalgono le testimonianze delle persone intervistate.
“Risale alle radici terziarie della città- spiegò a StatoQuotidiano Geppe Inserra in un’intervista- teniamocela stretta, la giudico l’ultima fiera rimasta dopo quella dell’agricoltura in un contesto in cui questo tipo di manifestazione è in crisi. Per la fiera agricola, dopo la spinta della meccanizzazione in agricoltura in uno dei quartieri fieristici più belli d’ Italia, mi chiedo: ha ancora senso pagare il parcheggio di un trattore quando lo trovi in rete? In ogni caso la fiera di Santa Caterina è l’ultima fiera popolana che è rimasta nel cuore dei foggiani”.
Anna Rita Palmieri, ex consigliera comunale e impegnata in varie associazioni: “Ricordo i piatti comprati 25 anni fa con mia madre, era diversa la fiera allora, meno organizzata a mo’ di mercato generico e più specifica, certo oggi ci sono più negozi che fanno concorrenza. Comunque i foggiani la frequentano, l’aspettano, è un modo per fare qualcosa dato che a Foggia o vai al ristorante o al cinema, è una passeggiata che solo alla fiera di santa Caterina puoi fare”.
Alberto Mangano, esperto di tradizione foggiana, l’ha descritta come “la festa che ti faceva entrare nel cuore del Natale prima delle ‘fanoje’”. Capitava a fine mese quando le famiglie avevano più possibilità di spendere. “Mi ricordo il torrone di Benevento, più produzioni artigianali e meno industriali, la prime capanne di terracotta per il presepe. Eravamo ragazzi, partecipavamo un po’ tutti, era l’alternativa alla Standa per gli addobbi di Natale”.
Rina Martino, dipendente della pubblica amministrazione, crede che si possa fare meglio. “La fiera è stata rinomata negli anni perché si ricercava qualcosa di particolare riguardo all’artigianato, era un giro alla ricerca dell’insolito. È diventata sempre più generica, un po’ come l’abbigliamento, oltre la boutique alcuni capi tendono a essere tutti uguali. Si nota troppa omologazione sebbene, essendo un appuntamento tradizionale con un suo nome, è frequentata. Credo che potrebbe essere ripensata, sull’artigianato potrebbe essere più attrattiva, si fanno i pullman per andare ai mercatini di Natale fuori, si potrebbero fare dei pullman per arrivare qui a Foggia ridandole una sua tipicità”.
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