“Abbiamo deciso di chiudere”: addio al colosso dell’abbigliamento | 100 famiglie rimaste senza una lira

Negozio di abbigliamento (Freepik FOTO) - www.statodonna.it
La storica catena di moda e abbigliamento affronta una crisi senza precedenti: lavoratori in bilico e punti vendita che chiudono.
Il mondo della moda e del retail è in continua trasformazione. Negli ultimi anni, la competizione è diventata spietata: tra colossi dell’e-commerce, cambiamenti nelle abitudini dei consumatori e costi di gestione sempre più alti, i negozi fisici fanno sempre più fatica a restare a galla. E anche i marchi più noti, quelli che sembravano intoccabili, si ritrovano a dover affrontare scelte difficili.
Molte aziende del settore, per provare a sopravvivere, stanno mettendo in atto piani di ristrutturazione pesanti. Alcune cercano di rilanciarsi con nuove strategie, altre sono costrette a ridimensionarsi drasticamente. Quando una catena chiude dei punti vendita, però, l’impatto va ben oltre l’azienda stessa: ci sono lavoratori che rischiano di perdere tutto e città che si ritrovano con spazi commerciali vuoti e meno opportunità economiche.
È un problema che riguarda tutti, non solo chi ci lavora dentro. I dipendenti, che spesso hanno trascorso anni all’interno di un’azienda, si trovano all’improvviso senza certezze. I sindacati provano a fare pressione per ottenere risposte dai vertici, ma spesso il confronto si trasforma in un braccio di ferro senza vincitori. E nel frattempo, la gente si chiede: “Ma come ha fatto un nome così grande ad arrivare a questo punto?”
Eppure succede, sempre più spesso. Anche in Italia, marchi storici si trovano a dover chiudere i battenti, lasciando un vuoto difficile da colmare. L’ultimo caso? Una delle catene di abbigliamento più conosciute del paese, che ha appena annunciato una decisione drastica.
Il destino dei lavoratori
Come sempre in questi casi, i sindacati si sono mossi subito, chiedendo garanzie per i lavoratori e chiarimenti sulle strategie future. Al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) si è aperto un tavolo di confronto per discutere la situazione. I rappresentanti dei lavoratori vogliono sapere chi sono gli investitori coinvolti, quali piani si hanno per il futuro e, soprattutto, cosa succederà ai dipendenti.
L’azienda ha assicurato che il dialogo con le parti sociali continuerà e che si cercherà una soluzione per garantire la ripresa economica entro il 2026. Ma il tempo stringe. Il 31 marzo ci sarà un nuovo tavolo ministeriale. Nel frattempo, i lavoratori aspettano con il fiato sospeso.

Una crisi lunga anni
Il Gruppo Coin, uno dei marchi più importanti del settore, ha confermato che nel 2025 avrebbe chiuso otto punti vendita. Una mossa che metterà a rischio il futuro di 92 dipendenti, di cui 50 solo a Roma. I negozi coinvolti sono sparsi in tutta Italia: chiuderanno a Grugliasco (Torino), Roma (due sedi), San Donà di Piave (Venezia), Latina, Vicenza, Milano City Life e Sesto Fiorentino.
Non è un fulmine a ciel sereno. La crisi di Coin andava avanti da anni, ben prima della pandemia. Il Covid, però, ha dato il colpo di grazia, facendo precipitare la situazione economica dell’azienda, che oggi si ritrova con un debito di circa 80 milioni di euro. Per tentare di risollevarsi, è stata avviata una procedura di composizione negoziata della crisi, con l’obiettivo di rimettere in sesto i conti grazie all’intervento di esperti e investitori.