Carriera, stipendi e stabilità: la parità di genere in Italia è ancora un’illusione
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L'Italia colleziona lo stesso una posizione sufficiente in classifica (canva.com) - www.statodonna.it
Parità di genere nel mondo del lavoro: Italia ultima in Europa. Ecco i motivi dietro un problema che perdura da oltre un decennio
Da sempre l’Italia è martoriata da questioni di natura controversa nel settore sociale, politico ed economico. Si parla di uguaglianza di diritti ma le azioni al riguardo sono insufficienti.
Risulta che da tredici anni consecutivi, l’Italia si classifichi all’ultimo posto nell’Unione Europea riguardo alla parità di genere nel contesto lavorativo, regalando uno scenario a dir poco avvilente.
Secondo il rapporto dell’Istituto europeo per la parità di genere (EIGE), il Paese rimane in fondo alla classifica per vari aspetti, tra cui stabilità contrattuale, accesso a posti di lavoro a tempo pieno e opportunità di avanzamento professionale.
L’analisi, riportata anche da Il Corriere, mette in luce una stagnazione nei punteggi relativi all’uguaglianza economica e all’istruzione, mentre si registrano alcuni miglioramenti nel campo della salute, dove l’Italia si colloca al nono posto a livello europeo.
La situazione europea e il confronto con altri Paesi
Nello specifico, il rapporto dell’EIGE considera diversi parametri, comprendenti potere, salute, risorse economiche, istruzione, gestione del tempo e occupazione. La media dell’Unione Europea per quanto concerne la parità di genere si attesta a 71 punti su 100, con un incremento di 7,9 punti dal 2010. La Svezia continua a mantenere la migliore performance, raggiungendo 82 punti, mentre Spagna, Lussemburgo e Germania si distinguono come le nazioni che stanno recuperando il terreno più rapidamente. In fondo alla classifica, insieme all’Italia, si trovano Romania e Ungheria, seguite da Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
Uno dei principali problemi evidenziati nel rapporto è il persistente divario tra uomini e donne in termini di opportunità professionali. Le donne rimangono sottorappresentate nelle posizioni dirigenziali e nei ruoli decisionali, sia nel contesto aziendale che politico. Tale fenomeno è particolarmente accentuato tra le lavoratrici altamente istruite, dove si verifica una forma di “segregazione verticale”: gli uomini accedono più facilmente a posizioni di maggiore prestigio e responsabilità, beneficiando di salari superiori rispetto alle colleghe.
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L’impatto della genitorialità e il gender pay gap
Il divario di genere nel lavoro si amplifica ulteriormente per coloro che decidono di avere figli. Stando al Corriere, le donne sono ancora le principali responsabili delle attività di cura e, di conseguenza, si trovano più frequentemente costrette ad accettare lavori part-time (nel 40% dei casi) e stipendi inferiori rispetto ai loro colleghi maschi (62% contro il 39%). Nella fascia d’età compresa tra i 50 e i 64 anni, le donne con figli guadagnano meno del 70% rispetto agli uomini nella stessa categoria.
Nonostante il quadro negativo, l’Italia si colloca comunque al 14esimo posto nella classifica generale dell’EIGE con 69 punti su 100, leggermente al di sotto della media europea. Il settore sanitario rappresenta un’eccezione positiva, grazie a una qualità della vita e a condizioni di salute migliori rispetto ad altri Paesi. Tuttavia, la situazione occupazionale delle donne italiane rimane critica, caratterizzata da una partecipazione inferiore alla media UE e da una minore stabilità contrattuale.