CARAPELLE. Sta facendo tappa a Carapelle nei giorni 1 e 2 febbraio “What were you wearing?”, la mostra promossa dall’Università dell’Arkansas – Stati Uniti e finalizzata a contrastare gli stereotipi che colpevolizzano le donne vittime di stupro.
Voluta fortemente dall’Associazione carapellese “Il Tamarindo”, la cosiddetta mostra-installazione errante esposta per la prima volta nel 2013, consiste nell’esposizione di abiti che riproducono fedelmente l’abbigliamento indossato dalle donne in episodi che sfortunatamente le hanno viste vittime di violenza.
Obiettivo: sfatare certi stereotipi che lasciano spesso passare l’idea che “avrebbe potuto evitare lo stupro se solo avesse indossato abiti meno provocanti”, come nel caso della ricorrente domanda che segue ad episodi di sopraffazioni, crudeltà o molestia: “Come eri vestita?”. Un interrogativo, questo, che sembra voler, o finisce per, puntare i riflettori del giudizio più sulla donna vittima che non sul carnefice, e tende a ingenerare stereotipi sessisti.
Statoquotidiano.it ha incontrato Sergio Izzi, assessore alla Cultura del comune di Carapelle e presidente dell’associazione “Il Tamarindo” per un intervista di approfondimento sulla mostra “What were you wearing”, in corso presso la Biblioteca comunale carapellese, e aperta a tutti.
Come è nata l’iniziativa? E come è organizzata?
L’iniziativa è stata promossa con l’aiuto della dottssa Lilli Antonacci del CAV – Centro Antiviolenza – del comune di Carapelle.
Eravamo in trattativa già da qualche mese per far arrivare la mostra nel nostro paese e l’evento in questi giorni in corso rientra nel nostro progetto “Gio.i.a. – la webtv dei giovani in azione” finanziato dal programma regionale Puglia Capitale Sociale 3.0.
Tale progetto prevede incontri e attività formative su temi che riguardano la cittadinanza attiva, con l’intenzione di documentare le stesse realizzando una WebTv.
Finora abbiamo già posto in essere una serie di iniziative: per esempio, l’evento della scorsa estate sulla discriminazione che ha visto protagonista Vladimir Luxuria; un altro sulla valorizzazione delle risorse enogastronomiche del territorio.
In particolare, l’evento “What were you wearing?” focalizza l’attenzione sulla lotta contro la violenza di genere, sulle donne.
Avete lavorato in collaborazione con altre realtà del territorio per organizzare tale iniziativa?
Certamente. Abbiamo collaborato con l’associazione “Impegno Donna”, con il Liceo Linguistico con sede a Carapelle dell’Istituto di Istruzione Superiore “A. Olivetti” di Orta Nova, oltre che con il CAV di Carapelle.
L’intento principale è quello di coivolgere la cittadinanza tutta, ma in primis i giovani, partendo dagli studenti di scuola superiore.
Qual è il messaggio principale che intendete far arrivare con tale iniziativa?
Il messaggio che intendiamo lanciare con questa e le altre nostre iniziative è quello di contrastare gli stereotipi, smuovere le coscienze, soprattutto di quelle persone che tendono a colpevolizzare la vittima, in qualunque episodio di violenza.
Qualche curiosità ancora non rivelata sull’evento?
Volevamo fortemente portare questa mostra così significativa a Carapelle. Gli abiti inseriti in tale esposizione sono uno strumento per dire che il modo di vestire di una donna non può essere motivo per l’uomo per arrivare a mettere in atto forme di violenza.
La nostra associazione, “Il Tamarindo”, tra l’altro, è costituita prevalentemente da donne e lo stesso suo direttivo conta 4 donne su 7. Questo per dire che eventi come tale mostra a noi interessano moltissimo.
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