RUBRICA LETTERARIA, Il nuovo anno? Sempre più felice dell’anno passato, parola di Giacomo Leopardi
Statodonna.it, “Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice”.
È parola di Giacomo Leopardi nel suo testo “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere”, scritto nel 1832 e pubblicato nell’edizione delle “Operette morali” del 1834.
Il contenuto complessivo di tale operetta ci parla dell’incontro di un venditore di almanacchi, ossia calendari, con un viandante, detto passeggere dall’Autore, nei giorni in cui si sta avvicinando la fine dell’anno.
Qui, il venditore di almanacchi cerca di vendere per la strada la sua merce e invita il passante a comprare l’almanacco, così tra i due si intavola una vivace discussione, dal tono apparentemente leggero.
Il passante chiede al venditore di almanacchi se prevede un anno più lieto di quello che sta per finire. E la risposta che arriva è affermativa.
Ma alla domanda “a quale degli anni che avete vissuti vorreste che assomigliasse questo nuovo?”, il venditore ribatte constatando che non ci sono stati nella sua vita trascorsa tempi felici, anni a cui voglia che assomigli l’anno che verrà.
Il passante, quindi, riflette con il venditore sul fatto che la vita, quella passata in particolare, è sempre per tutti un cumulo di dolori e di sventure. Tuttavia, «la vita futura», quella che non si conosce e circa la quale ci si può illudere, si può immaginare, si può desiderare ancora, quella è “una cosa bella”.
Il passeggere, alla fine dell’Operetta compra «l’almanacco più bello» e se ne va; il dialogo dunque si conclude con la stessa battuta con cui è iniziato («Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi»).
Il dialogo, come detto, fa parte delle Operette morali di Giacomo Leopardi, e il tema al centro di esso è l’attesa del nuovo anno e la speranza che la accompagna.
Nel venditore di almanacchi è adombrato l’uomo comune, che non si è mai posto interrogativi esistenziali. Il passeggere, un individuo senza nome e senza volto, nel quale è possibile riconoscere lo stesso Leopardi, è invece incline alla speculazione e capace di provocare riflessioni anche nell’interlocutore più incolto.
Il passeggere-Leopardi considera che l’attesa di felicità in cui spera il venditore, e con lui tutti gli uomini, è solo una pura illusione. Essa non è legata a qualcosa di reale che stiamo vivendo o abbiamo vissuto, ma solo all’attesa, alla speranza di ciò che ci immaginiamo o ci illudiamo possa accadere.
Eppure, si tratta di un’attesa e di una speranza in cui vale la pena confidare, che vale la pena desiderare.
Desiderare, quindi, non semplicemente sperare, per il futuro. Desiderare cose belle e agire con fiducia per realizzarle.
Questa è la sollecitazione che può venire dalla lettura propositiva delle parole del testo che qui oggi vi proponiamo. E alle quali ci piace aggiungere, la riflessione di un altro autore, Paulo Coehlo, il quale a proposito del desiderio ha scritto di recente, nel suo libro L’Alchimista: “Quando desideri una cosa, tutto l’Universo trama affinché tu possa realizzarla. Soltanto una cosa rende impossibile un sogno: la paura di fallire”.