Prende il nome da una birra scozzese la band più amata dai ragazzi degli anni ’90, quelli cresciuti con la Melevisione, amatissimi anche dai Millennials e dai loro genitori, felici di farsi portare ai loro concerti per condividere questa allegria vitale.
Allo stadio San Nicola di Bari c’erano 50.000 spettatori provenienti dalla Puglia e dal sud Italia, “in una serata insolitamente freschina, il calore che il pubblico ci ha riservato a noi sei trimoni ce lo ricorderemo per tanto tempo”, scrivono nel post conclusivo a commento della serata.
Chi li sceglie per conoscerli scoprirà nei sei ragazzoni di Bergamo testa e cuore, passione e cura, nessuna pretesa di veicolare contenuti profondi pur riuscendoci con quella leggerezza cara a Calvino, che non è mai superficialità ma planare sulle cose dall’alto.
E ben lo sa il pubblico festoso e sbriluccicante di strass che li ha accompagnati per le due ore di spettacolo. Una scaletta trapunta di pezzi amatissimi, corredati dalla scenografia in movimento dagli effetti coloristici bellissimi e supertecnologici, alternata ad effetti bianconero/seppia a sottolineare momenti intimi e storici per la band.
Il concerto inizia con l’invito a non credere a tutto ciò che si legge sui giornali, a restare svegli e consapevoli, ad approfondire, e cos’ si è passati dalla citazione del romanzo (non del film!) “La storia infinita” di M. Ende, ad una bella citazione da La luna e i falò di C. Pavese, per presentare “Bergamo”:
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” o giù di lì.
C’è molta scuola nei loro racconti, divertente il sondaggio fatto tra i presenti per capire se vi fossero più studenti o ex studenti del Classico (una presenza discreta), dello Scientifico (un boato fragoroso), del Linguistico o del Tecnico/Commerciale, le loro scuole di provenienza insomma, bella la finestra aperta sulle cene di fine anno scolastico o di post maturità, a sottolineare come le comunità scolastiche sono una realtà che incide tantissimo nella vita delle persone e della scuola bisognerebbe avere più cura.
Non mancano stoccate simpatiche al tradizionale mutismo delle band che lasciano il ruolo di portavoce solo al frontman, il rimando ai Maneskin non era neppure tanto velato, o lo sfottò al tormentone dell’estate Mon Amour di Annalisa, che avrebbe un antenato nel loro altro romanzo cantato “Giulia”, per aprire poi una bella finestra sulla figura di Freddie, giovane che non trova margini in famiglia per raccontare della propria omosessualità.
Molto interessante questa voglia di proporsi con accortezza verso il mondo dei ragazzi poco più che ventenni, che cercano spazi per raccontarsi per quello che sono e quasi mai vengono ascoltati, vero dramma del nostro tempo e grave colpa di noi adulti stazzonati in abito di lino blu, ma poco capaci di guardare, vedere e quindi solo successivamente sapere chi sono; la disattenzione verso quello che i Pinguini chiamano “l’esercito degli insicuri” trova in questo spazio e in quest’ottica una bellissima rivincita.
Se pure fosse condito e mosso solo da logiche di mercato, e non mi è sembrato, sarebbe comunque una proposta utile, l’utilità dell’inutile di cui Nuccio Ordine spesso ci aveva detto.
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