foto: maternità.it
StatoDonna, 12 aprile 2023. Alla fine la mamma di Enea ha deciso.Con fatica e con dolore, ma ha deciso mentre poggiava Enea nella culla e contava i quaranta secondi per ripensarci. Pochi, forse.
Me la immagino mentre veste per l’ultima volta il suo bambino, mentre gli mette un pannolino asciutto, gli abbottona con cura la tutina e lo avvolge nella copertina che sarà per sempre una delle poche cose che li legheranno.
Speriamo che a nessuno venga in mente di fare l’esame del DNA a quel foglio sul quale sicuramente si troverebbero tracce di lacrime che contengono il codice genetico di questa donna, così magari la potremmo cercare nei data base.
Casomai non fossero sufficienti gli accorati appelli che le sono stati rivolti da più parti. E se posso comprendere e mi associo a quello della struttura che ha in carico il piccolo, scelta per la terza volta in sedici anni e che si rende disponibile per aiutare mamma e figlio insieme, rimango perplessa davanti alla sollevazione popolare che stigmatizza la legittima, legale e soffertissima scelta di una mamma di affidare ad altri e non, attenzione, di abbandonare il suo bambino. Sangue del suo sangue. Carne della sua carne.
“Tu donna, partorirai con dolore” lo abbiamo fatto tutte. Ma poi ce lo dimentichiamo quel dolore affondando gli occhi in quelli dei nostri bambini, consapevoli del fatto che nemmeno vedono bene i primi giorni eppure siamo pronte a giurare che ci sorridono perché ci riconoscono, così come le nostre voci, che durante la gravidanza gli abbiamo parlato assai e poi gli abbiamo fatto ascoltare la musica, quella classica che abbiamo letto che si diventa più intelligenti. E poi abbiamo aggiunto omega tre alla nostra alimentazione per aiutare la formazione dei neuroni, perché come minimo si deve laureare.
E forse anche lei mentre lo aspettava ha incrementato la quota parte di omega tre, non possiamo immaginare niente. O magari non aveva neanche gli occhi per piangere, e ha fatto del suo meglio.
Se avesse scritto in prima persona avremmo letto della captatio benevolentiae o delle scuse non richieste che avremmo trasformato in accuse manifeste. Così invece è riuscita a spostare l’attenzione sul piccolo, dicendo “Non pensate a me e a quello che ho fatto, prendetevi cura di lui”
E non so se anche ciò fa parte della lucida e dolorosa consapevolezza di questa donna, ma gli ha dato un nome bello e ricco di simbologia. Enea, che non è un eroe ma una persona alla ricerca di un posto dove ricominciare. Dove cominciare. Con il suo piccolo, piccolissimo bagaglio e nonostante il suo pesante, pesantissimo fardello.
Sii grato a questa donna, che è la tua mamma anche se non sarà tua madre, e amala con tenerezza e rispetto per tutto quello che ti avrà donato con il suo sacrificio estremo.
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