StatoDonna, 19 marzo 2023. Non ho mai capito quelli che rinunciano. Magari iniziano rimandando, lo faccio dopo dicono. O domani, ma lo sanno che non è vero. E mi chiedo sempre il perché. Perché non è il momento adatto, magari. Ma quando è il momento adatto? Quando lo sarà mai? Quando si verificheranno le condizioni perché il momento sia adatto? La verità è che siamo maestri nell’evitare. Perché “evitare” per molti è la risposta. Siamo bravissimi nel trovare cose da fare, per tenerci impegnati, per giustificarci, per dare un senso, una struttura a tutti i “non posso” che diciamo. Che ci diciamo.
A tutti i confronti cui sfuggiamo, a tutte le domande cui non rispondiamo, a tutti i dubbi che non fughiamo, a tutte le ansie che non ammettiamo, a tutti i conflitti che non affrontiamo, a tutte le paure che soffochiamo, a tutto il dolore che provochiamo. Il momento “adatto” si spoglia delle sue coordinate temporali, del suo significato letterale, per diventare solo un sostantivo con il suo aggettivo vuoto. Il momento “non adatto” significa anche che non è quello il luogo. E siccome il luogo siamo noi, vuol dire che noi non siamo pronti, anche perché essere pronti vuol dire essere liberi.
Liberi di pensare, di fantasticare, di progettare, di provare e di sbagliare. Ma anche liberi da condizionamenti, da pregiudizi, da giudizi. Liberi dalle ansie, dalle paure, dal dolore. Dai vincoli che ci impediscono di guardarci dentro, di comprendere e soprattutto di accogliere, con indulgenza, quello che di noi ci ferisce e di perdonarci, anche, quello che di noi non ci piace.
E di prenderci cura di quello che siamo. Di temporeggiare, se lo vogliamo. Per perfezionare una cosa che ci pare necessiti di piccoli cambiamenti, di piccole modifiche e quindi di poter decidere di aspettare perché quello che vediamo non ci sembra mai abbastanza perfetto. Ma una cornice preziosa non renderà più vero il quadro che abbiamo dipinto. Non aggiungerà nulla di veramente significativo.
Altrimenti si può decidere di viverlo lo stesso, quel momento, seppure nell’imperfezione, nell’incompletezza, nel dolore che si proverà e che si farà provare, nell’errore anche. Ma nella soddisfazione personale, nell’espressione di un desiderio, nella realtà di un’emozione, nella realizzazione di un progetto, nell’autenticità di un sentimento, in un pezzo di vita. In un’idea pensata e poi vissuta. In un sogno prima sfiorato con delicatezza, e poi afferrato. Ecco perché il momento perfetto non esiste, ed ecco perché ogni momento lo è.
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