StatoDonna, 9 marzo 2023 – “Coraggio per combattere i pregiudizi e le difficolta. Perché è vero che in Italia non abbiamo la guerra, ma abbiamo ancora tanti ostacoli rispetto all’affermarsi della libertà della donna. Dobbiamo quindi andare avanti per noi e per le donne iraniane, afghane che vivono situazioni difficili. Andare avanti per noi e per loro”.
Riflessioni sulle donne, sul discorso della preside Annalisa Savino redarguito dal ministro dell’Istruzione Valditara.
Ieri in via della Repubblica 18, presso la sede CGIL, riflessioni e un invito forte e chiaro a mettersi in rete, per tutte e per onorare l’impegno di chi non c’e più, come Loredana Olivieri, sindacalista di Foggia, che ha lottato fino all’ultimo per i diritti dei lavoratori.
Coordinato da Magda Jarczak, segretaria provinciale della Cgil di Foggia, l’incontro ha visto la partecipazione di Belle Ciao; Cgil, Coordinamento donne; Spi Cgil; il circolo Auser di Foggia; le associazioni Merlettaia, Donne in rete, Correre donna; il Coordinamento Capitanata per la pace, Anpie Link.
Tra proiezioni di video, performance di lettura espressiva e musicale, spazi per la poesia e per l’arte, a prendere voce: Antonietta Lelario, Anna Paola Improta, Gemma Pacella, Concetta Talamo, Annalisa Savino, Giovanni Rinaldi, Maria Teresa Santelli, Lina Appiano, Tina Pizzolo, Anna Potito, Rosa Serra, Anna Fiore, i laboratori di lettura e canto espressivo dell’Auser di Foggia.
E’ intervenuto anche Maurizio Carmeno, segretario generale della Cgil Foggia: “Il sindacato – le sue parole – è un’organizzazione concreta, abituata a confrontarsi con la condizione delle persone. Il momento che viviamo oggi non è dei migliori per l’Italia, nemmeno a livello internazionale. Non solo perche è in corso una guerra, ma perche si sta perdendo la centralita della persona. Serve quindi azione abbattendo gli steccati di appartenenza”.
Emotivamente coinvolgente il riferimento andato all’atleta scalatrice iraniana, Elnaz Rekabi, che alle Olimpiadi di Seoul decise di gareggiare senza velo in testa “perché non potevo rimanere indifferente di fronte a quello che stava accadendo nel mio paese mentre ero a Seoul”.
Il regime l’aveva isolata, è stato ricordato, costringendola a dichiarare che erano state le esigenze di gara a non consentirle in tempo di usare lo hijab, il velo in testa.
La famiglia dell’atleta fu in seguito minacciata, e distrutta fu la casa della scalatrice con tutte le medaglie conquistate nelle varie competizioni.
Ma il gesto simbolico della Rekabi è rimasto come un atto di forza e un esempio di coraggio per il quale vale la pena continuare a credere quanto sia ancora necessario manifestare per i diritti delle donne nel mondo.
”Il modo migliorare per aiutare- la sollecitazione di Antonietta Lelario alle donne presenti in sala- è quello di interrogarci su quello che ognuna di noi sente e prova. È quello di partire da sé”.
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