StatoDonna, 5 marzo 2023. È il silenzio, alle volte, la più dolce delle compagnie. Il silenzio di certe mattine luminose che non è ancora primavera ma si finge di esserlo, anche se sulle cime si vede ancora la neve, e se tira un po’ di vento ne senti anche il profumo, misto a quello delle mimose che prepotenti e coraggiose hanno deciso di fiorire lo stesso.
Il silenzio di certe notti d’estate, piene di stelle e profumate, in cui l’aria è immobile, ma i pensieri no e corrono furiosi, e si rincorrono anche, mentre tu sei ferma a guardarli. Il silenzio di quelle stanze vuote dove vorresti qualcuno ti venisse a cercare per parlare, ridere, e abbracciarti anche. Il silenzio di quei giorni lunghi e complicati in cui il rumore di chi ti chiama, ti cerca, ti parla, è solo un sottofondo, lontano e ovattato.
Il silenzio che precede l’inizio di qualcosa di importante. Quel momento esatto in cui dovresti anche chiudere gli occhi, per ascoltarlo meglio quel silenzio e con esso il battito del tuo cuore. Perché imparare ad ascoltare il cuore non è cosa semplice, né scontata. Il silenzio pesante e doloroso di chi non ha più niente da dirsi, da raccontarsi, e neanche cose per cui litigare e fare pace, poi.
E quello nuovo, forse imbarazzato e un po’ nervoso di chi si conosce appena ma, se non ne senti il peso, è una bella sensazione. Tipo, aver superato una prova. È quel silenzio che si nutre di dita che si sfiorano, di sguardi che si incontrano e di sensi tesi, attenti, per catturare ogni sfumatura, tutte quelle possibili, che sono ben più di cinquanta, perché chissà quando ci si rivedrà. Se.
Il silenzio che, all’inizio, rimpiangi di non aver osservato. Quelle parole dette tutte in un fiato e rimaste lì, taglienti, precise, nette, come i coltelli del lanciatore verso la signorina, solo che tu sei il lanciatore. E sai esattamente dove colpire. E come. E un po’ ti dispiace, ma non lo rimpiangi, no, perché arriva un momento in cui bisogna essere chiari. E agire, coerenti, mentre diventi fatalista e dici “Sarà quel che sarà”.
Il silenzio che cala fuori e dentro di te. Quello di cui sei vittima impotente o carnefice consapevole. Quello che ti uccide, ma prima ti fortifica, e anche dopo.
E quello nel quale ti crogioli perché alle volte è meglio non sapere. Ti dici. Ma non è mai così. Perché certi silenzi sono offese. Fughe scazonti, gesti vigliacchi e mai nobili, nemmeno in quelle false intenzioni di cui si ammantano. Vestitini nuovi ma mani sporche.
Il silenzio di certe albe, poi. Albe che ti piace pensare prive di scie chimiche, con quelle nuvole bianche tra pezzi di cielo rosa, arancio, azzurro, talmente belle e suggestive che neanche gli uccellini cantano per non disturbare. Il momento più bello di tutta la giornata. Tuo. Davanti alla meraviglia della natura, a ricordare cose del passato, a riflettere su quelle del presente, a progettare e fantasticare su quelle del futuro. Ad inventare albe di un nuovo giorno e di vita nuova, anche questa ogni giorno.
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