Pietro mi raccontava di aver sposato una sorella e di amarne un’altra…
StatoDonna, 26 febbario 2023. Era entrata in farmacia con una faccia cupa e seria. Non ci avevo fatto troppo caso, perché lei ce l’ha sempre la faccia cupa, e seria. Non sai mai se è successo qualcosa. La conoscevo pochissimo, ero lì da due mesi per una sostituzione di nove. Un paese piccolo, rude come le sue montagne petrose, sconsolato a volte. Molta solitudine e quasi novanta chilometri, di cui venti di tornanti, dal capoluogo. Però mi piaceva, mi faceva bene un tempo per pensare. Raccogliere idee.
All’inizio ero molto in difficoltà e, quando la vedevo entrare, se potevo mi trovavo una cosa da fare, per non andare subito al banco. Però un po’ mi vergognavo e quindi poi arrivavo e le sorridevo, e basta. Il senso di colpa di trovare molto più simpatico suo marito, Pietro, era quello che mi spingeva a star lì anche senza parlare. Che poi ho scoperto, perchè me lo ha detto Pietro un giorno, che è la cosa di me che le è piaciuta di più, dall’inizio. La capacità di rimanere in silenzio.
Che io ho imparato guardando il mare, in inverno, e camminando in montagna, e la cosa strana è che non ero mai sola. Una cosa strana, imparare il silenzio quando sei in compagnia, uno degli ossimori della vita ma che non si può condividere con chiunque. Perchè non tutti lo comprendono il silenzio. O lo accettano. Perché è difficile il silenzio.
Anche quando è pieno di bellezza, e parla per il nostro cuore che custodisce segreti, e sogni. Quando racconta cose che non sapevamo di sapere, custodisce momenti che non abbiamo più vissuto, descrive luoghi dove non siamo più tornati, canta canzoni che non abbiamo mai imparato, o ricorda persone che sono andate via. E piaceva anche a Gioia, la moglie di Pietro, che il suo nome lo vive come una beffa. Lei, che non sorride mai e che lo ha scelto, il silenzio. E ci ha costretto anche lui.
La prima volta che mi ha dato la tessera sanitaria da passare al lettore ottico, ho pensato che il destino si diverte, a volte. E mi è dispiaciuto per i suoi genitori che le hanno imposto quel nome pensando di regalarle un destino diverso. E mi è dispiaciuto per Pietro, che cammina nella nebbia per non vedere. E che ha sposato una donna pensando ad un’altra. Era rimasta sulla porta, perchè il distanziamento lei lo pratica da sempre. “Hai visto Pietro?” Mi aveva chiesto.
“No…”
“Non camminate, oggi?”
“Passa all’una” avevo detto. Perché Pietro era il mio compagno di camminate infinite, quello dei racconti sussurrati, dei segreti confidati, delle lacrime ingoiate. Pietro che ama la sorella sbagliata, perchè la giusta l’ha sposata. O il contrario forse, non so.
“Gli devo dire qualcosa?” avevo chiesto.
“No”.
Io non mi offendevo quando faceva così, perchè percepivo il dolore che nasconde anche oggi dietro quegli occhiali da sole un po’ anni Settanta, gli stessi anni di quando i suoi sogni si sono spezzati, il giorno in cui lui era partito, per poi quasi ricomporsi quando, dopo qualche tempo, molto poco in realtà, era tornato. Ma si erano ricomposti con quella tecnica dove però si vede che c’erano dei cocci lì. E dove la fragilità è tanto evidente.
Immaginavo, guardandola, quanto sia stato difficile far finta di niente, non parlarne mai con nessuno. E me lo raccontava sempre, Pietro, il silenzio che vivono nella loro vita. E che per lui è una condanna.
Me lo raccontava anche quel giorno, mentre camminavamo nella neve che era caduta in quei giorni, ed era tutto ovattato e soffice. E le parole pesano meno, cadono lentamente a terra e affondano nel morbido. Non fanno troppo male. Mi raccontava della paura di tradirsi, di chiamarla con il nome sbagliato ed era capitato, ed era capitato anche di confondere ricordi, ma Gioia aveva scelto di far finta di niente. E questo non faceva altro che aumentare il senso di colpa di Pietro che avrebbe preferito pianti e grida. Non quella comprensione, non quelle giustificazioni raccontate a se’ e ai figli su certi malumori senza perchè apparenti, non quelle lacrime, silenziose anche loro, che ogni tanto di notte la sentiva mentre le asciugava e che lui non riusciva a consolare.
Mi raccontava delle infinite volte in cui aveva cercato di parlarne, di quella cosa. “Non mi dare anche questo peso, ti prego” gli aveva detto l’ultima volta. “Se lo porti tu sarà un po’ più leggero per me”. Perchè è difficile il loro amore. Lui, lei, l’altra. Molto più difficile quando l’altra è tua sorella che per te ha rinunciato al suo, di amore.
Ed è questo che la ferisce più di tutto. Più del fatto che Pietro sia forse ancora innamorato di “lei”. E’ questo che la umilia. Sapere che la sorella l’ha creduta debole, tanto debole da non poter sopportare l’amore tra lei e Pietro che era il suo fidanzato, all’epoca. E la umilia perchè la sorella aveva ragione. Perchè non è stata capace di dire no anche lei, e si è presa le briciole di un uomo ferito. E ha vissuto questo amore che forse sa di poco, ma a lei piace comunque e certe volte vorrebbe gridare, quando è con sua sorella e la gente le guarda, che non sanno niente di loro e di lei, soprattutto.
Delle tempeste che ha dentro. E del sole anche, che le brilla in petto luminoso e caldo. Caldo come gli abbracci di Pietro che invece la ama e lui e lei lo sanno che è così. E lo so anche io perché Pietro me lo diceva, e anche oggi che sono passati tantissimi anni, mi racconta di questi suoi sentimenti e del suo cuore un po’ a metà anche se lui mai ha fatto confronti, ma se lo dici nessuno ti crede. Mi racconta del fatto che questo lo ha sempre spinto ad essere più gentile con lei, e attento e a guardare oltre quegli spigoli pieni di dolore che Gioia ha e di cui si sente responsabile. Ama la dolcezza che non è remissività e ama la forza che non è aggressività.
“Non la lascerei mai, la amo” mi dice. La ama di un amore grato e lo fa in silenzio, come piace a lei.”