Il Festival è finito, viva il Festival di Amadeus e delle lettere incomprese

StatoDonna, 12 febbraio 2023. Ha vinto Marco Mengoni, che è bravissimo, si scrive i testi ed è anche bello come il sole con quel filo di abbronzatura e al netto di quei gilet che gli stanno da dio, ma sempre gilet sono. Ed è anche un galantuomo Mengoni che dedica questo premio alle artiste che hanno cantato quest’anno, che non sono arrivate neanche nelle prime cinque posizioni ma che, lui dice, sono artiste eccezionali e meritavano un’attenzione migliore.

Peccato per Elodie, Coma_cose, Madame e Colapesce e di Martino che vincono tutti gli altri premi. E vabbè, il popolo è sovrano.

Ha vinto come sempre Amadeus che finalmente smette di fare il valletto di Fiorello e, alla quarta edizione, inizia a camminare con le proprie gambe. A volte anche troppo, con una specie di ansia che sembra spingerlo a controllare tutto, però è comprensibile in fondo. Ormai Sanremo è Amadeus. Li conteremo così, avanti Amadeus, dopo Amadeus e prima di lui ci ricorderemo solo di Pippo Baudo. Dopo di lui, sarà tosta, ma non ci pensiamo ora.

Comunque senza Fiorello è meglio perché smette la piaggeria che poi forse è gratitudine ma dopo un po’ urta, e può essere se stesso, gentile e attento ai particolari, umano. Ecco, Amadeus è umano.

Per questo era stridente il compitino sulle foibe. Imbeccato dal ministro, in fretta e furia si è scritto due paginette tipo sulla carta del pane e ha letto dalla platea, come se le foibe fossero figlie di un dio minore e quelle vittime non abbiano la stessa dignità delle altre. Poteva fare meglio, ad esempio prevedendo l’intervento dall’inizio  e preparandosi meglio.

E comunque tra un cantante e l’altro, ventotto, qualche disavventura ma è il bello della diretta. Tipo Rosa Chemical che tira fuori un vibratore. O che bacia in bocca Fedez, ma sono peccati veniali. In principio fu Blanco che distrusse le rose del palco, strappando tutto e calciando anche l’aria. E non si sa se era tutto preparato oppure no. Io penso che Blanco si sia fatto prendere la mano, diciamo, per non cadere nella facile battuta dei piedi, esagerando, sentendosi per un attimo Jimi Hendrix che da’ fuoco alla chitarra.

Anche meno. Ma lo stupore della notte che abbiamo visto sulla faccia di Ama (lo chiamano tutti così, lo voglio fare pure io) sembrava vera, o verosimile. Mi chiedo se Blanco abbia deciso di immolarsi alla causa, senza pensare a tutte le cose che chiunque avrebbe detto poi soprattutto senza conoscere i fatti, in realtà. Perché uno dovrebbe farsi insultare in questo modo, facendosi dare nella migliore delle ipotesi del maleducato fino a costringere la gente a consultare manuali di psicologia, e scomodando insegnanti sdegnati pronti a lanciare invettive? Insomma, un disastro. Soprattutto dopo la lettera di scuse, pezza a colori peggio del guaio.

Il Festival delle lettere incomprese.Forse neanche Chiara Ferragni ha fatto arrabbiare così la gente, però la mobilitazione è stata grande. Tutti ne abbiamo scritto, tutti. L’accusa più comune mossale è che non rappresenti le donne. Ora, qualcuno mi dica quando lo ha affermato. Io credo invece che lei parli alle donne. Come quando dice che il corpo delle donne non deve mai suscitare vergogna o odio. E quando racconta le sue vulnerabilità, lei che non pensi possa averne e non so perché, invita chi è fragile o vulnerabile a dirlo, a chiedere aiuto, a condividere i problemi.

Perché lei sa come dirle le cose, sa comunicare che ci piaccia o no. E se non le riconosciamo neanche questo, mentiamo sapendo di mentire. Se la senatrice Segre l’ha voluta incontrare per sensibilizzare i giovani a mantenere la memoria del passato, un motivo ci sarà. E dopo la sua visita agli Uffizi la fascia di età di visitatori la cui presenza aumenta, è proprio quella che la segue.

E se lei è stata retorica, dobbiamo fare esercizio di onestà senza aver paura di non essere politicamente corretti e dobbiamo riconoscere che Paola Egonu, portando sul palco l’odioso problema del razzismo, ha commesso delle ingenuità generalizzando (che non va mai bene) sugli italiani che però stanno migliorando e usando metafore un po’ semplicistiche come quella dell’acqua trasparente e colorata, leggendo qualcosa che sembrava scritto non da lei e sinceramente nessuno dice niente per non farsi dare del razzista.

Io sogno un mondo in cui tutte le Paola Egonu possano salire sul palco dell’Ariston e presentare il Festival senza dover spiegare perché sono lì, ma viverlo come se fosse normale. Perché é normale. Noi questo dobbiamo fare, vivere con naturalezza gli altri e con gli altri. Tutto qui, senza giudicare e senza doverci giustificare.

E poi Chiara Francini, con un monologo a tratti coraggioso. Peccato nottetempo. I pregiudizi sul dovere di essere madre, il senso di inadeguatezza ingiustificato ma sottile che si insinua tra le pieghe anche delle anime più strutturate. A chi è madre può dar fastidio, abbiamo costruito storie sulla magia della gravidanza, del parto naturale che se vuoi l’epidurale sei madre di serie B, che se fai il cesareo “poverina”, che se hai un figlio solo non puoi capire la fatica di averne due, che se non allatti mal te ne incolga. Anche tutto questo dà fastidio, sorelle. Guardatevi voi e rispettate le vite degli altri.

Insomma questo Sanremo, tra l’avatar di Highlander Morandi -impeccabile quando canta e quando presenta, icona di se stesso, fantastico…- e l’ombra di Achille Lauro, alla fine tira fuori temi che ti costringono un po’ a riflettere sull’alterità, per scoprire che l’altro non è nemico se è diverso da te, per qualunque motivo.  

Genere, razza, colore, religione, idea politica, gusti sessuali o alimentari, fede calcistica, musica ascoltata o suonata, letture preferite, ballerine o tacco dodici, gonne o pantaloni, madre o no, suora o svergognata, mare o montagna, libro o Kindle, Apple o Android, Starsky o Hutch, Poirot o Miss Marple, Paperino o Topolino, frac o smoking, Honda o Suzuki,  Ferrari o Porsche, calzino lungo o corto, giarrettiere o autoreggenti. Potrei continuare all’infinito.

È solo altro, o Altro. Con la minuscola o con la maiuscola, scegliete pure. Scegliete quello che vi pare, va tutto bene.

Simonetta Molinaro, 12 febbraio 2023

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