StatoDonna, 9 febbraio 2023. E’ di qualche giorno fa la notizia di una ragazza di 19 anni, che si è tolta la vita nei bagni dell’edificio della IULM, Libera Università di Lingue e Comunicazione di Milano. E’ stato anche ritrovato dai Carabinieri un biglietto nel quale la ragazza spiegava le ragioni del suo gesto, del suo malessere, dei suoi fallimenti personali e dello studio, chiedendo scusa ai genitori.
Il padre aveva denunciato la sua scomparsa, non vedendola tornare a casa la sera prima. La mattina seguente il custode del palazzo dell’università ha trovato, purtroppo, la ragazza già morta. Non essendoci segni di violenza, gli inquirenti hanno subito pensato ad un suicidio. Il Senato accademico ha sospeso le lezioni in segno di lutto.
Per chi lavora a contatto con i ragazzi, ha dei figli più o meno della stessa età, vede e sente i loro pensieri o le loro opinioni su tutto quello che accade ogni giorno a scuola e fuori, la notizia è stata terribile.
Come può una ragazza così giovane togliersi la vita appena sbocciata nel suo nuovo percorso, con l’Università e poi, un domani, un lavoro, la piena autonomia economica e sociale? Cosa ci faceva questa ragazza sola e disperata? Possibile che nessuno l’abbia vista o cercata nell’università o si sia chiesto che fine avesse fatto?
Si parla prevalentemente male di questa generazione di ragazze e ragazzi, sempre attaccati ad un cellulare, che socializzano poco “di persona” ma molto virtualmente, che non hanno interessi, che sono fragili e tutto quello che si sente e si dice non è certo una serie di complimenti. Nessuno evidenzia che questi giovani sono bombardati dai social o dai media sulla necessità di primeggiare sempre, di non arrendersi mai, di fare soldi a prescindere dal come, di arrivare in cima costi quel che costi e di “meritarselo” soprattutto.
La parola “merito” è diventata un’ossessione “Ho fallito in tutto, vi chiedo scusa” ha scritto la ragazza nel suo biglietto. E’ una frase che fa male, che sconvolge. A 19 anni si può già parlare di fallimento? Assolutamente no è la mia risposta, come essere umano, docente, genitore.
Che visione della vita aveva questa sensibilissima ragazza per soffrire così tanto? Quanto avrà fatto capire o avrà detto delle sue sofferenze agli amici o ai genitori? Come e quanto soffriranno i genitori per non aver compreso i tormenti interiori della loro figlia? Tante domande vengono in mente ma poche risposte certe possono essere date.
Concordo con lo scrittore ed insegnante Alessandro D’Avenia quando sostiene che non mancano le cause e le motivazioni per la morte, ma serve capire piuttosto per cosa valga davvero la pena di vivere, per evitare casi drammatici come questo del suicidio della studentessa della Iulm.
D’Avenia ai propri studenti che devono affrontare gli esami di maturità chiede di rispondere alla domanda “perché sei venuto al mondo?” invece delle domande su come e cosa fare in futuro. Molti giovani non sanno rispondere a questa domanda. Si può venire al mondo per aiutare gli altri, per scrivere, insegnare, giocare a tennis da campione, coltivare i terreni, costruire palazzi, curare i malati e tutto quello che più si desidera.
Dobbiamo aiutare le ragazze ed i ragazzi di oggi a trovare la risposta al “perché” siamo venuti al mondo, ad avere passione per qualcosa, per se stessi e non per altri, ad avere pazienza, ad accettare i periodi alternati tra belli e brutti, ad accettare di essere anche secondi e non primi, a misurare il merito con i propri obiettivi e desideri, a non vergognarsi se ci vuole più tempo per raggiungere la meta, che la fragilità può diventare forza, a capire che la nostra vita è sempre legata a quella di qualcun altro. A tal proposito mi viene in mente il bellissimo film di Frank Capra “La vita è meravigliosa” del 1946 in cui il protagonista, che ha sempre rinunciato a qualcosa pur di aiutare gli altri, vuole togliersi la vita; ma un simpatico vecchietto, che in realtà è il suo angelo custode, gli mostra come sarebbe stato il mondo se non fosse mai nato, quanti problemi e difficoltà avrebbero avuto le persone che lui ha aiutato. Siamo tutti indispensabili.
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