StatoDonna, 9 gennaio 2023. Sinceramente mi sono avvicinata alla lettura di questo romanzo, con uno spirito un po’ bellicoso. Dal punto di vista critico, ovviamente. Parliamo di “Caminito”, di Maurizio De Giovanni (Einaudi editore). Infatti già avevo preannunciato di parlare apertamente dei libri che non mi piacciono, senza alcuna remora. Ebbene, vedere questo ai primi posti in classifica, tra i più venduti, mi aveva fatto sorgere una, quasi, istintiva diffidenza. No, non è snobismo intellettuale. Questo non mi appartiene, e non mi apparterrà mai. Lungi da me, gli steccati e i pregiudizi. Però è scattato quasi un senso di sfida, tipo: vediamo, è all’altezza? C’è qualità, o siamo alle solite. Mercato, senza sostanza?
Devo dire a questo punto che, nonostante i miei bellicosi intenti, questo romanzo è davvero bello, forse tra i migliori di De Giovanni della saga del commissario Ricciardi, a mio parere, la migliore. Il titolo è molto evocativo. Vi consiglio di ascoltare “Caminito” cantata da Gardel. Suadente, e seducente nella sua malinconica poesia, perché… Il tango è un pensiero triste che diventa danza…cantata da una donna lontana che ama, nonostante tutto.
Nostalgia, amore, dolore. Sullo sfondo un aprile che tradisce tutto e tutti dove niente è come appare, per nessuno. Tutto è apparenza fuorviante, anche nella tragedia dell’omicidio brutale di due giovani nel momento culminante della loro passione. Fascisti. Antifascisti. Ricciardi. Il dottor Modo. Il brigadiere Maione. La piccola Marta. La contessa Bianca. Le leggi razziali. I tribunali speciali. Ventotene e chi va al confino. È questo l’orlo dell ‘abisso su cui si danza.
Vorticare intenso di un caleodiscopio umano denso di descrizioni bellissime. Di stati d’animo con pennellate di lirismo non melenso e stucchevole. Si nota un’introspezione acuta, male e bene che si mescolano. Ce lo ha insegnato, d’ altronde, drammaticamente Malaparte ne “La Pelle” con la sua Napoli, la sua anima più autentica, aristocratica e plebea, razionale e magica. Luca Giordano e i Quartieri Spagnoli. De Giovanni fa rivivere tutto brillantemente, quasi a livello sensoriale. Si avverte il mare, il sole che scalda, il profumo delle sfogliatelle calde, quasi l’aroma di caffè. Fino ad un finale assolutamente magistrale. Spiazzante e poetico. Del tutto sorprendente.
Questi i sentimenti che guidano la narrazione. Permeano le vicende di tutti i personaggi. Non è esente, comunque da qualche difetto. Bisogna dirlo. Come una trama che, nel mezzo del racconto, ha qualche cedimento e anche un affastellamento di storie, un tantino esagerato. Tanti pop-up che si aprono, una sorta di Windows narrativo barocco in un gioco di specchi che disorienta e tende a stancare. Tutto questo frena il ritmo narrativo. Però, l’autore si smarca abilmente da questo impasse, fluendo e riuscendo a mantenere la tensione del lettore. Innegabile abilità, non c’è che dire. Si fa leggere fino alla fine, tutto d’ un fiato, molto coinvolgente come una corsa, anzi come un tango.
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