Mondanità

La frangia? Una parte di me, e ancora non so quale tipo preferisco

StatoDonna, 31 dicembre 2022. Sono nata con la frangia. La porto da tempo immemore, non ho foto in cui non ce ne sia un accenno o una manifestazione prepotente. Sfilata, ricca, piena, riccia, liscia, scalata, dritta. Tutte, le ho provate tutte. E ancora non so quale sia quella che preferisco, in realtà. Purché sia frangia mi piace a prescindere.

Ogni tanto ci provo a buttarla di lato, a farne un ciuffo allo schiaffo complice una buona lacca, ecologica naturalmente, perché il buco dell’ozono non ha bisogno del mio contributo. Ma dura poco, meno di ventiquattro ore perché poi lo specchio mi rimanda un viso che con la frangia mi pare più giovane, meno serioso. Sbarazzino, si diceva una volta, ma per fortuna credo che a fronte di neologismi più o meno significativi, petalosi vorrei dire, ci siano anche termini caduti in disuso se non in disgrazia e vorrei che “sbarazzino” fosse tra questi. Farei istanza alla Crusca.

Comunque, mi hanno definita così fino ai miei dodici anni, forse. Poi la frangia è diventata “simpatica” fino ai diciotto, “fuori moda” quando era tutto un fiorire di bande laterali alla Charlie’s Angels, dove solo Sabrina mi confortava, è stata “originale” quando paragonata ai ciuffi cotonati che si usavano insieme alle spalline, “insolita” quando liscia in un mare di capelli ricci come Sandy di Grease nella versione aggressive. In inglese.

“E’ così rassicurante la frangetta. Una barriera contro chi vuole guardarti troppo dentro, leggere nei tuoi occhi che lo, sappiamo, sono lo specchio dell’anima e decido io chi può farlo”

Poi per fortuna ci fu Sophie Marceau, con la sua Vichy, che la frangetta se la tagliava da sola perché era un’adolescente che voleva mettere alla prova i suoi genitori e l’attenzione che avevano nei suoi confronti, ma loro presi dalla crisi che attraversavano non se ne erano neanche accorti di quella frangetta accorciata in autonomia e malamente. E la frangia ha avuto un suo momento di gloria, che poi in tutto questo ci si dimenticava di Valentina di Crepax, con quel caschetto tenebroso che faceva da contraltare alla Caselli e a Rita Pavone, che onestamente di sexy avevano poco. Cosa che non si può dire della Carrà, che accompagnava la frangetta all’ombelico nudo, diventando l’incontrastata icona del tuca tuca.

Dopo di lei, il nulla. Fronti scoperte, “pure” come nei romanzi di Liala, come se avere la frangia fosse un che di torbido. Magari c’è, eh. Per anni l’abbiamo, l’hanno ignorata. Poche superstiti, fedelissime, dileggiate perché poco sexy, austere perché squadrate, antipatiche come ne Il diavolo veste Prada.

Prima c’era stata Orea Malià, con quei caschetti meravigliosi e moderni che a qualcuno potevano erroneamente sembrare tagliati con la scodella e invece erano solo un viaggio verso il futuro, e prima ancora i Vergottini, a scolpire frangette che in realtà erano frangione, partite dal centro della testa e asciugate in due tempi. Trucchi del mestiere, ma che ne sanno quelle che portano i capelli come le figlie dei fiori.

Con la riga in mezzo che fa tanto Monica Vitti ragazza con la pistola. Che poi lei era stupenda, e comunque ha sempre portato la frangia.

Invece è così rassicurante la frangetta. Una barriera contro chi vuole guardarti troppo dentro, leggere nei tuoi occhi che lo, sappiamo, sono lo specchio dell’anima e decido io chi può farlo. Mi protegge questo velo che sposto quando voglio per guardarti meglio anche io, per non avere filtri ed intermediari, e certe volte ho bisogno di capire cosa pensi. Perché poi bisogna fare attenzione a quello che vediamo e a come lo vediamo. A quello che permettiamo di farsi strada dentro di noi, che non sempre è la cosa giusta. O magari lo è, ma ci dobbiamo prendere tempo per decidere, per valutare. Per nasconderci, come dietro una coperta di Linus che ci portiamo dietro anche se vecchia e lisa, ma a noi piace e ci fa stare bene.

Così poco importa che poi sia arrivata Ambra con la sua frangia spettinata a ricordarci di quando eravamo giovani e quella stessa canzone che ora troviamo così erotica, ballata con quel reggiseno di Swarovski e la cravatta di pelle nera sui pantaloni di raso, allora ci faceva quasi ridere, con le sue assonanze e le rime baciate.

E tutte a volere la frangia spettinata e quel reggiseno, diciamo la verità. E poi Wednesday, che nella versione originale aveva le trecce e la riga in mezzo e non aveva bisogno della frangia per essere torbida. La Wednesday 4.0 invece ce l’ha, è inquietante come il suo balletto disarticolato, ma più di tutto ci prende perché fa quello che vuole e non è perfida come si può pensare. Ed è questo che ci piace forse. Sembrare cattive ma avere un cuore, difendere i deboli, proteggere la famiglia. La frangia, solo un plus per mascherarsi un po’ e non mostrare la vulnerabilità con cui siamo costrette a fare i conti.

Simonetta Molinaro, 31 dicembre 2022

 

 

 

Simonetta Molinaro

View Comments

  • Siamo Orea Malia' dal 1978 ed abbiamo attraversato molte epoche di Frangie, da quelle semplici a quelle piu estreme compreso quelle come lei le definisce tagliate a scodella , che noi definiamo Medioevalfuturo ...... per lungo tempo sono venute nel nostro salone di Milano la famiglia Crepax ,, per anni e tuttora eseguiamo ci piacciono le frange che siano di moda o no!

  • E io adoravo quella frangia, che mi venivo a tagliare a Bologna, quando ero una giovane studentessa.
    In quel "a scodella" c'è un mare di affetto, e di nostalgia anche, per quella frangia che ora per ragioni anagrafiche non mi potrebbe mai appartenere, purtroppo.
    Mi dispiace se posso essere sembrata offensiva, non era nelle mie intenzioni.
    W la frangia sempre, a prescindere dalle mode che attraversano il tempo.

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Simonetta Molinaro

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