Lavoro, Inapp: la crescita dell’occupazione non sorride alle donne

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Le donne sul lavoro stanno affrontando un periodo di cambiamenti significativi e nuove opportunità. Con l'evoluzione del panorama lavorativo e delle politiche aziendali, sempre più donne stanno emergendo come leader e professioniste di successo. In questo articolo, esamineremo le ultime novità riguardanti la presenza e il ruolo delle donne sul lavoro, inclusi i progressi compiuti, le sfide ancora da affrontare e le prospettive future. Crescita della partecipazione femminile Una delle principali novità riguardanti le donne sul lavoro è la crescente partecipazione femminile in una vasta gamma di settori e posizioni lavorative. Negli ultimi anni, sempre più donne hanno intrapreso carriere nelle scienze, nella tecnologia, nell'ingegneria, nelle arti e in altri settori tradizionalmente dominati dagli uomini. Questa crescita della partecipazione femminile è il risultato di politiche aziendali più inclusive, di programmi di mentorship e di iniziative volte a promuovere la diversità e l'equità di genere sul posto di lavoro. Leadership femminile in aumento Un'altra novità significativa è l'aumento della presenza delle donne in posizioni di leadership e di alto livello nelle aziende e nelle organizzazioni. Le donne stanno assumendo ruoli di CEO, manager, direttori e imprenditrici con sempre maggiore frequenza, portando con sé nuove prospettive, competenze e stili di leadership. Questo cambiamento riflette un riconoscimento crescente del valore della diversità di genere nei processi decisionali e nella gestione aziendale. Maggiore attenzione alla conciliazione lavoro-famiglia Una delle principali sfide ancora da affrontare per le donne sul lavoro è la conciliazione tra carriera e vita familiare. Nonostante i progressi compiuti, molte donne continuano a lottare per bilanciare le esigenze del lavoro con quelle della famiglia e della cura dei figli. Le aziende stanno gradualmente riconoscendo l'importanza di politiche di lavoro flessibili, di congedi parentali retribuiti e di servizi di assistenza all'infanzia per sostenere le donne che lavorano e favorire la loro piena partecipazione al mercato del lavoro. Maggiori opportunità di formazione e sviluppo Un'altra novità positiva riguarda le maggiori opportunità di formazione e sviluppo professionale per le donne sul lavoro. Le aziende stanno investendo sempre più nella crescita e nello sviluppo delle loro dipendenti femminili attraverso programmi di formazione, mentorship, coaching e sviluppo delle leadership. Queste iniziative mirano a promuovere la crescita professionale delle donne, a colmare il gender gap nelle posizioni di leadership e a favorire un ambiente lavorativo più inclusivo e equo. Prospettive future Guardando al futuro, ci sono numerose opportunità e sfide per le donne sul lavoro. Mentre la partecipazione femminile continua a crescere e le donne assumono ruoli di leadership sempre più importanti, è importante affrontare le disparità di genere persistenti e promuovere un maggiore equilibrio di genere in tutti i settori e livelli lavorativi. Le aziende, i governi e la società nel suo complesso devono continuare a lavorare insieme per creare un ambiente lavorativo più inclusivo, equo e sostenibile per tutte le persone, indipendentemente dal genere. Lavoro dipendente o autonomo? Una scelta che riguarda anche le donne nel mondo del lavoro è quella sulla tipologia contrattuale. Bisogna scegliere tra il lavoro dipendente e quello autonomo. Entrambi hanno i loro pro e i loro contro. Ad esempio, come dipendente hai la certezza di avere un’entrata fissa, ma come autonoma hai molta più flessibilità. In base alle sue priorità, ogni donna può scegliere se lavorare come dipendente o se avviare un’attività in Partita IVA. Nel secondo caso, consigliamo sempre di rivolgersi ad un commercialista, che saprà indirizzare ogni persona verso le scelte migliori. Ad esempio, con Fiscozen puoi ricevere una consulenza fiscale completamente gratis e senza impegno con un esperto. Valuterete insieme se ti conviene aprire la Partita IVA oppure se per te è meglio il lavoro dipendente. Conclusioni Le donne sul lavoro stanno affrontando una serie di cambiamenti e nuove opportunità, inclusa una maggiore partecipazione in una vasta gamma di settori e ruoli lavorativi, una crescente presenza in posizioni di leadership e una maggiore attenzione alla conciliazione tra lavoro e famiglia. Tuttavia, rimangono ancora sfide da affrontare, come la disparità di genere e la conciliazione lavoro-famiglia. Guardando al futuro, è fondamentale continuare a promuovere l'equità di genere e a creare un ambiente lavorativo più inclusivo e sostenibile per tutti.

Foto- istockphoto

StatoDonna, 28 dicembre 2022.“La situazione femminile non migliora. Malgrado la crescita, restano immutati i gap di genere nel mercato del lavoro e le criticità strutturali che determinano la bassa partecipazione femminile: occupazione ridotta, prevalentemente precaria, part time e in settori a bassa remuneratività o poco strategici. Tali asimmetrie si colgono ora anche nelle piattaforme digitali che intervengono nel mercato del lavoro, con il rischio di una nuova discriminazione 2.0”. È quanto emerge dal Gender Policies Report 2022, la pubblicazione dell’Inapp (Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche) che ogni anno fotografa le differenze di genere nel mondo del lavoro e che è stata presentata oggi a Roma nel corso di un convegno.

L’occupazione cresce, ma non intacca il divario di genere. Pur avendo toccato quota 60,5% lo scorso ottobre, il valore più alto dal 1977, i tassi di occupazione di uomini e donne continuano a restare distanti (rispettivamente 69,5% e 51,4%) con un gap di genere del 18%. Il tasso di disoccupazione femminile è al 9,2% contro il 6,8% degli uomini, divario che aumenta per i giovani fra i 15 e i 24 anni con tassi del 32,8% per le ragazze e il 27,7% per i ragazzi. Anche la sfera della non partecipazione vede ancora penalizzate le donne con un tasso di inattività del 43,3 % contro il 25,3% degli uomini.

“Malgrado la crescita – ha dichiarato Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – restano immutati i gap di genere nel mercato del lavoro e le criticità strutturali che determinano la bassa partecipazione femminile: occupazione ridotta, prevalentemente precaria, part time e in settori a bassa remuneratività o poco strategici. Dunque, la situazione femminile, pur migliorata in termini assoluti, peggiora in termini relativi. Se confrontiamo, infatti, questi dati con quelli del 2021 vediamo che i tassi di occupazione crescono di più per gli uomini che per le donne (+1,7% contro +1,4%) e che la disoccupazione cala in misura maggiore per gli uomini (-1,2% contro -0,9%). L’inattività diminuisce per uomini e per donne, ma per quest’ultime cala solo quella legata a studio e formazione, mentre invece cresce quella legata a motivi familiari”.

Part time e “debolezza rafforzata”. I dati relativi al primo semestre del 2022 confermano la specificità femminile del part time come forma di ingresso al lavoro. Su tutti i contratti attivati a donne il 49% è a tempo parziale contro il 26,2% maschile. In particolare, è a part time oltre la metà (51,3%) dei contratti a tempo indeterminato delle donne. Mentre tipicamente femminile è la condizione di “debolezza rafforzata” ossia la presenza di due fattori di criticità associati: la forma contrattuale precaria e il tempo parziale. Se consideriamo solo il lavoro a tempo determinato, che occupa il 38% dei contratti delle donne e il 43% di quelli degli uomini, si nota che della prima quota il 64% è part time e della seconda lo è il 32%.  Nel 2021 l’incidenza di donne occupate che lavorano in part time è superiore rispetto agli uomini di circa 15 punti percentuali in Europa e di più di 22 punti in Italia.

Anche i dati sulla conciliazione vita-lavoro evidenziano un mercato del lavoro italiano più rigido della media europea. Le donne, sia in Europa che in Italia, godono di minore flessibilità rispetto agli uomini. Nel nostro Paese tale difficoltà si coglie soprattutto per le lavoratrici laureate, per cui tali indicatori sono sopra la media Ue. Ma soprattutto le lavoratrici sono meno coinvolte nell’organizzazione degli orari di lavoro: in Italia nel 76% dei casi è il solo datore di lavoro a decidere l’orario di ingresso e uscita dal lavoro, contro una media UE27 del 57%, rispetto a valori maschili rispettivamente del 68 e 62%.

La “discriminazione algoritmica”. Il Gender Report, inoltre, coglie e fornisce esempi concreti di un nuovo fenomeno. Una nuova forma di discriminazione, ovvero quella legata all’uso degli algoritmi da parte delle piattaforme digitali. Tali strumenti, infatti, risentono del sistema di significati, idee e giudizi e con essi di stereotipi e pregiudizi di chi li ha ideati e costruiti. Ne deriva che nel mercato del lavoro digitale si riproducono esattamente gli atteggiamenti discriminatori che si riscontrano nei lavori tradizionali.

“Le menti che programmano gli algoritmi non sono diverse da quelle che, normalmente, scelgono chi assumere, promuovere, remunerare di più, licenziare e così via – ha evidenziato Fadda – La discriminazione algoritmica può dunque ugualmente agire e, in maniera implicita, produrre condotte discriminatorie di genere nel lavoro. Risulta inderogabile la necessità di approfondire il legame tra società digitale e discriminazioni, nelle sue evidenti connotazioni di genere. Si pensi, ad esempio, a come stereotipi e pregiudizi, che storicamente definiscono la percezione e la narrazione del femminile, possono essere tradotti in discriminazioni attraverso algoritmi deputati alla selezione del personale o alla definizione delle retribuzioni o a sistemi di valutazione delle performance”.

Il lavoro domestico. Il report analizza, infine, anche le caratteristiche del lavoro domestico, un settore lavorativo in costante crescita, che ad oggi rileva circa 2 milioni di famiglie quali datori di lavoro e una crescente domanda, particolarmente volta a sostenere le esigenze di cura di persone anziane o malate (circa il 74% della domanda). I dati mostrano una netta prevalenza della componente femminile tra gli occupati, per il 60% straniera, con un’età media in progressivo aumento e a oggi compresa tra i 45 e i 59 anni.

Il settore è caratterizzato da una ampia quota di lavoro sommerso: si stima che sette lavoratori o lavoratrici su dieci (68,3%) non abbiano alcuna formalizzazione contrattuale e di conseguenza alcuna tutela, sebbene minima, prevista dal CCNL di riferimento. Si registra, inoltre, un 34,3% di lavoro grigio, una forma di lavoro parzialmente regolare che presenta un contratto di lavoro formalizzato, ma con la dichiarazione di un numero di giornate inferiore a quante prestate effettivamente dal collaboratore. Irregolarità maggiori si registrano nel baby-sitting (51,8% dei casi) e nelle regioni del Sud Italia.

Più in generale, il tema della parità retributiva rappresenta una delle sfide costanti, nell’ambito delle politiche di genere e rappresenta un aspetto che, sotto il profilo normativo, ha ricevuto sia a livello europeo che nazionale una forte attenzione istituzionale. Su questo fronte l’Italia, mediante la legge 162/2021, che tenta di agire su alcuni elementi alla base dei differenziali retributivi di genere, ha anticipato i cambiamenti auspicati nella proposta di direttiva europea.