Stato Donna, 7 dicembre 2022. Sono tante le motivazioni alla base del falò che si accendono, come di rito, non solo per l’Immacolata, ma anche in altre feste religiose, secondo le usanze delle varie città italiane e nel solco di una storia contadina. Viene da lontano quella di innalzare una pira di fiamme per illuminare le tenebre al fine di scacciare il male, o di raccogliere la cenere residua per purificare i campi, una tradizione tanto radicata da legarsi a feste religiose, quella di Sant’Antonio, San Giovanni, San Lorenzo e altri santi protettori.
La festa più importante dell’avvento, quella dedicata alla Madonna e quella in cui, per tradizione, si prepara l’albero di Natale, custodisce anche ricette tipiche pugliesi. In Salento si fanno le “pucce”, il pane morbido che si mangiava dopo il digiuno, nel foggiano si preparano le “pettole”, pasta lievitata e fritta tipica, a dire il vero, anche della vigilia di Natale, quando si tira fino al cenone pranzando con questo olioso panzerotto, farcito o meno di ricotta, dolce o forte, o anche steso a pizzette, in alternativa, con spruzzate di pomodoro. In Campania si punta sui dolci, per esempio, come le zeppole dell’Immacolata.
L’origine della parola pettole sarebbe una italianizzazione dell’albanese petullat diffusi nei centri arbëreshë del Sud Italia, riporta Wikipedia. Circa il luogo di nascita è identificato con Taranto dove la notte di Santa Cecilia una donna, distratta dal suono della musica degli zampognari, avrebbe fatto lievitare troppo la pasta tanto da non poterla più panificare. Dunque la scelta di farne delle palline e gettarla nell’olio bollente. Con quali esiti, è noto.
Torniamo al falò, la cui usanza, rispetto a trent’anni fa, si va rimodulando nell’interesse collettivo, anche scoraggiata da una serie di controlli e sequestri preventivi di quintali di legna e taniche di benzina, vedi la cronaca degli ultimi due anni a Foggia di questi tempi. Non episodiche le proteste dei singoli cittadini per falò che diffondono fumo nelle vicinanze dei propri balconi e finestre, nonché degli ambientalisti rispetto a cataste di legna (ma non solo) innalzate e bruciate in aiuole pubbliche o nel bel mezzo di un giardino. Gli appassionati della raccolta di materiale da ardere nella “fanoja”, tuttavia, resistono. Oggi i controlli sono più stringenti e i falò natalizi inseriti non di rado nei cartelloni degli eventi pubblici o privati.
L’8 dicembre è uno spartiacque oltre il quale il tempo vola, inarrestabile, verso il 24, e c’è sempre qualcosa che resta ancora da fare, da ultimare, da preparare. Le tradizioni di cucina restano un must, non solo le pettole estemporanee ma la riserva dei dolci frutto di paziente lavoro, dalla preparazione delle cartellate a quella dei taralli neri, dai calzoncelli e struffoli alle mandorle atterrate. Si tira la cinghia quest’anno più che gli altri anni, anche in spese di regali come i dolci. In ogni caso la credenza di casa, senza dolci preparati a mano, non è perfettamente “natalizia”, anche con il piatto aggiustato con i fiocchi che ti hanno regalato.
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