Lavori socialmente utili per i bulli a scuola? Perché no, è una soluzione

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Foto: Ravenna&dintorni

Stato Donna, 26 novembre 2022. Suscita polemica la proposta del Ministro Valditara per chi compie atti di bullismo nella scuola. Lavori socialmente utili da svolgere all’interno della scuola stessa. All’interno della scuola, assolutamente dico io, perché è da qui che deve arrivare il segnale, è qui che va presa una posizione anche scomoda. E leggo le reazioni di chi si straccia le vesti, ma francamente chi lo fa non conosce il mondo scolastico forse, perché questa del Ministro è già presente come sanzione in molti istituti.

La scuola dove insegno io ad esempio, un istituto professionale, per chi assume atteggiamenti o agisce comportamenti sbagliati, aggressivi, violenti e comunque lesivi dell’altro (dove “l’altro” sono i compagni, i docenti, il personale non docente, la scuola stessa) prevede la pulizia delle aule a fine giornata scolastica, previa comunicazione alle famiglie del ritardo nel rientro a casa. E se ci sono problemi legati ai trasporti, ci si organizza nell’orario scolastico. Nessuno si è mai ribellato. Genitori e figli.

Questo perché le sanzioni previste dal regolamento scolastico non hanno ricadute sui ragazzi. Chi mette in atto certe azioni non può certo impressionarsi davanti alle (scarse) armi della scuola. E che siano scarse lo sanno perfettamente anche i ragazzi, perché il bullismo è un’altra di quelle cose che gli adulti fanno fatica a gestire, perdendosi tra il paternalismo giustizialista e il perdono cristiano.

Entrambe posizioni perdenti considerato che non si è stati capaci prima di intercettare malesseri, malumori, disagi e spesso non si riesce ad ascoltare dopo, né la vittima né il carnefice. E che ci sia una forte percezione di impotenza nell’affrontare il problema lo dimostra il fatto che periodicamente si proponga di formulare una legge contro il fenomeno, dopo aver colpito il cyberbullismo. Ricorrere alla giustizia è ammettere di non avere una soluzione alternativa, ma sappiamo bene che questo modo non è quello giusto, perlomeno nella percezione dei ragazzi.

Nel frattempo, ben vengano i pomeriggi passati a pulire i banchi, mentre magari si riflette. Con un’attenzione particolare poi al linguaggio utilizzato. Queste messe in atto sono misure conseguenti a determinate azioni, guai ad assimilare alla scuola e al lavoro il concetto di “punizione”. La scuola istruisce, insegna, educa. Il lavoro nobilita, restituisce dignità, fornisce consapevolezza. Ed è questo che dovremmo desiderare, per loro e per noi che spesso ci sentiamo impotenti.

Promuovere un’assunzione di responsabilità, vero obiettivo di una scuola matura e concreta che formi persone prima che studenti, una Scuola con la S maiuscola, intesa come istituzione che sia capace, essa stessa per prima, di essere protagonista consapevole e di non abdicare al ruolo fondamentale che è chiamata a svolgere nella vita di ciascuno e nella costruzione di una Società, anch’essa con la S maiuscola.

Simonetta Molinaro, 26 novembre 2022