La violenza contro le donne (e non solo) è anche virtuale e sentimentale

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Foto: stateofmind.it

Stato Donna, 23 novembre 2022. È questa la settimana in cui siamo tutti d’accordo. In cui aborriamo la violenza che adesso non è neanche più questa appannaggio delle donne, ma bisogna dividere la giornata con altre categorie discriminate, potenziali vittime anch’esse. Ci mancherebbe. Tanto le donne sono abituate a farsi da parte, a fare posto a chi arriva e ha bisogno di cura e attenzione. Nasciamo per essere curandere, in fondo.

È questa la settimana in cui qualcuno ci aprirà lo sportello della macchina anche se prima non lo ha mai fatto. In cui qualcuno dirà “scherzando” -non la fate arrabbiare, dai- mettendo in atto una di quelle barriere comunicative da manuale. La settimana in cui tanti leggono e si annoiano, scorrendo feed pieni di scarpe rosse e visi con occhi neri al fianco di mani strette a pugno. Che hai voglia le femministe a dire di togliere quelle immagini dalle foto perché spaventano e poi la violenza non è mica solo fisica. Quella è preceduta da altro, lo sappiamo bene. E poi le donne maltrattate non vogliono vedersi in quel modo. Eppure è così che a volte si è ridotte. E anche dire “vittima” non sta bene, si feriscono gli animi. È giusto. A chi piace essere vittima? Sentirsi vittima?

A nessuno, ovvio. E ogni 25 novembre le stesse cose. Che condivido sia chiaro, perché non bisogna mai smettere di parlarne. Anche se poi si rischia la tolleranza. Cos’è la tolleranza? È quella che erroneamente si definisce “assuefazione”. Vuol dire che per provare sdegno bisogna che si alzi sempre più l’asticella, perché poi ti abitui e non ci fai più caso. Insomma, si sbaglia sempre. Si sbaglia a girare la testa, si sbaglia a consigliare di attendere, si sbaglia ad andare all’ultimo appuntamento chiarificatore, che di solito l’unica cosa che si chiarisce è che lui non è vero che ha capito e ti lascia andare. Si sbaglia a rimanere per i figli o per l’apparenza. Che poi, quando si rimane è perché non si sa dove andare, lo abbiamo detto mille volte. Mancano il lavoro, e i soldi, soprattutto. E poi ci sono le altre.

Quelle che la violenza è un problema lontano, per fortuna. Le donne che dicono di sfruttare la debolezza dei maschi a loro vantaggio. Economico prima di tutto. Che li accarezzano per raggiungere un risultato. (Un po’ come fanno certe mogli, in fondo “Due bacetti e sta tranquillo”). Vendendo topless e sexting su piattaforme dedicate, aprendo profili nei quali l’equivoco corre sulla fibra, dove si chiamano tutti “amore” anche se di amore non c’è traccia. Donne che vengono invitate nei salotti televisivi nei quali raccontano sorridendo la loro vita da imprenditrici, parlando delle agenzie che hanno aperto e con le quali offrono lavoro ad altre ragazze. Donne che pubblicano post descrivendo le loro vite, il loro lavoro. Rivendicando la libertà di decidere cosa fare del proprio corpo senza essere giudicate per questo.

“Cosa c’è di male a regalare qualche momento di felicità virtuale?” chiedono. Non c’è niente di male, per carità. Purché sia davvero una scelta personale ponderata e vorrei dire anche agita responsabilmente. Io credo però che sia necessario fare chiarezza su una cosa, un equivoco di fondo capace di provocare quello sì, del male. Quello che noi erroneamente definiamo “mondo virtuale” è in realtà vero, verissimo. Fatto di persone reali, vive che provano emozioni e non sempre solo quelle basiche, ma anche più complesse, che implicano coinvolgimento e partecipazione. Persone fisiche che scientemente si iscrivono a siti di incontri per conoscere altre persone. Dove conoscere vorrebbe dire incontrare, e succede spesso e a volte va bene, ci si può anche sposare, ne conosco.

Poi magari capita anche che l’altro da virtuale non voglia diventare reale, ed è fatica. E allora un po’ ci si accontenta, si crede alle scuse o si fa finta, ascoltando liste infinite di impegni che nemmeno il Papa, ma forse rimandare l’incontro va bene ad entrambi, ciascuno per un proprio motivo. E si naviga a vista, tra una foto ed un video un po’ così, tra messaggi intriganti che all’inizio fanno arrossire ma poi si fanno più audaci. E va benissimo se si è entrambi consenzienti.

Il problema è quando i piani si confondono e il virtuale si veste di reale. Quando ci si spaccia per qualcun altro. Quando si finge di essere un uomo giovane e bello innamorato di una signora attempata, molto sola, possibilmente bruttina così da legarsi a chi le dichiara amore, perché quando mai le ricapiterà? Ed è disposta a tutto, anche a regalare decine, centinaia di migliaia di euro a questo suo fidanzato che ha sempre un problema grave che non gli permette di raggiungerla. Però la ama. Dice.

E glielo dice mentre le chiede di mandargli dei soldi per risolvere l’ennesimo guaio che lo affligge. E poco importa se ormai si sa che esiste un racket dedito alle truffe sentimentali: c’è ancora chi ci cade in pieno e regala dignità e soldi che non recupererà mai più, soprattutto perché le denunce sono pochissime a fronte del giro di affari che sviluppa. La vergogna è troppa. Anche questa è violenza. Umiliazione. Sopruso.

E ne voglio parlare in questa settimana, perché non lo farà nessuno. Vittime di se stesse, queste donne? Forse, ma non sta a noi giudicare chi è vittima della solitudine, della vergogna, di criminali in realtà. Rarissime le testimonianze perché è un argomento che interessa poco: tutti pensiamo di essere più furbi degli altri e che a noi non possa capitare di essere abbindolati e così succede che le sottoponiamo ad una vittimizzazione ulteriore, ignorandole e anche un po’ deridendole, diciamo la verità, per l’ingenuità dimostrata. Ma non esistono vittime di serie B. Esistono persone vere che soffrono. Che perdono tutto. Che si suicidano. Ed ecco che il virtuale diventa reale, molto reale.

E allora, prendiamo a prestito un pezzettino di questo 25 novembre per parlare di loro, che rimangono nella gran parte silenziose, e rassicuriamole: non sono sole, non sono stupide. E non sono solo donne. E proprio perché essere curandere è l’obiettivo, accogliamo oggi anche gli uomini in questa riflessione. Perché tutte le vittime sentimentali sono vittime di violenza e il 25 novembre appartiene anche a loro.

(in copertina foto di repertorio da stateofmind.it)

Simonetta Molinaro, 23 novembre 2022