“Jacopa dei Settesoli”, ritratto di donna e di amica nel libro di Lucia Tancredi
Stato Donna, 14 novembre 2022. Erano non so quanti anni che non venivo in questo luogo, il convento di San Matteo. È un luogo che mi é molto caro, lì ho imparato a camminare a 11 mesi, aggrappata alla 500 dei miei genitori, lì andavo tante volte coi nonni a godere dell’ aria meravigliosa che si respira. Mentre mi avvicinavo, sapevo a memoria ogni angolo. Anche la piccola fontana di pietra, che ho ritrovato al suo posto e di cui ho bevuto l’acqua: aveva il sapore più bello, quello della ricerca di un tempo perduto e ritrovato.
Tutto grazie alla presentazione del libro “Jacopa dei Settesoli, l’amica ricca di Francesco”, autrice Lucia Tancredi, edizione “Città nuova”. È stata una narrazione intensa, un vagare colto e poetico in un Medioevo insolito, lontano da tanta Scolastica intesa proprio in senso filosofico, lontano dallo stereotipo del “contemptus mundi”, disprezzo del mondo. Invece questa figura di donna medievale bellissima, ricchissima, libera, ama Francesco, un folle meraviglioso, visionario che parla al creato. In assoluta povertà, anzi, che anela ad essa. Francesco accetta, ama, cerca Jacopa, suo alter ego e antitesi solo apparente. In realtà è l’esaltazione dell’alterità che diventa lezione formidabile di amore.
Sì perché l’amore per Francesco è talmente totalizzante da accettare ogni creatura nella sua pienezza, senza neanche il tentativo di cambiarla come avviene con Jacopa. Francesco ha bisogno di Jacopa e del suo essergli accanto. Lei, come Beatrice, è tramite, non simbolo di Teologia, secondo la Tomistica, ma presenza di dama cortese, evoluzione mistica di amor cortese, lontana e vicina a Chiara d’Assisi. Immersa nel suo mondo, tanto quanto Chiara, si rifugia lontano, nella contemplazione.
Jacopa é lei stessa sole, totalizzante, sfolgorante. Questo è Jacopa dei Settesoli e molto di più, credetemi. Lucia Tancredi, con la sua affabulazione magica, aedica, ci trasporta oltre la Storia. Nella dimensione manzoniana del verosimile, quella che ci fa scorgere la Storia altra per ricostruirne gli strappi dove non ci supporta il documento. Allora interviene la dimensione del poiesis, del creare con l’immaginazione, con un rigore altro, profondo, quasi metafisico, quello che illumina…E ti rende magica una notte su un eremo, sul Gargano, a parlare di sacro e di eterne bellezze di donna.