Stato Donna, 9 novembre 2022. Ha lavorato nei primi anni in maternità come ostetrica, successivamente ha vinto un concorso alla Asl di Troia e si è trasferita a Foggia presso il consultorio che alla fine del 1995 era ubicato al quartiere Cep, oggi in via Grecia. Amalia De Paola, arrivata al finale della sua carriera, ha deciso di dedicarsi alla libera professione.
Ho cominciato a lavorare molto giovane, riscattando anche gli anni di studio. Una collega mi ha offerto spunti di riflessione e quindi ho deciso di percorrere anche quest’ esperienza. Non è semplice nel nostro territorio perché non siamo abituati ad avere l’ostetrica come figura privata. Mi occupo prevalentemente di gravidanza e di assistenza al puerperio, quello di cui mi occupavo anche in consultorio.
La stessa che conoscevo già cioè, esiste un vuoto assistenziale per una donna nel dopo parto, un vuoto che nel suo profilo professionale un’ostetrica può coprire ampiamente.
Sì, in parte, perché c’è un progetto con l’ azienda ospedaliera che prevede la possibilità di ricevere una telefonata dagli operatori del consultorio nell’immediato dopo parto. Ma il numero dei consultori è insufficiente, anche in base a quello che prevede la legge. Dovrebbero essere uno ogni 20mila abitanti, e a Foggia ne abbiamo tre, quindi l’offerta è insufficiente.
Le donne si trovano spiazzate, con una mole di impegni, stanchezza, carico di lavoro nel ritorno a casa. Mi chiamano quando sono in difficoltà o perché mi conoscono direttamente o per passaparola. Le difficoltà si riscontrano prevalentemente nell’allattamento.
L’allattamento, pur essendo naturale, non significa che sia facile, è un’arte che si apprende. Oggi non abbiamo più i modelli culturali di una volta, quelli delle famiglie numerose per cui i grandi seguivano i piccoli, le vicine davano una mano, l’allattamento con i suoi consigli si tramandava.
Oggi la medicalizzazione dell’evento nascita ha tolto competenza alle donne, quindi partecipare a un corso di accompagnamento alla nascita è una tappa del percorso di cura della gravidanza stessa.
Ci si fida solo di ciò che dice il medico, o del “dott. Google”. Per altro verso, si fa formazione nei negozi di abbigliamento, con la pubblicità, nulla si ferma di fronte a una donna e a una mamma incinta, in una visione più commerciale che altro. Non che non dobbiamo far girare l’economia, ma non è quella la base della formazione. La donna dovrebbe fare un lavoro di introspezione su stessa, aumentare la consapevolezza. Noi lavoriamo sull’empowerment, quindi i corsi servono a fortificarle.
Innanzitutto la gravidanza è un evento fisiologico, e questo non sempre è chiaro. Da appena si fa il test il primo pensiero è andare dal medico, come se fossimo “malate di gravidanza”. È un male pensare la gravidanza come malattia, non credere nella propria forza, nel proprio istinto innato, tutto questo fa perdere competenza alla donna sulla propria capacità di partorire e genera dubbi, anche sulle competenze del figlio.
Il bambino quando nasce sta con la persona con cui è sempre stato, poi si abitua a staccarsene, molte donne considerano questo attaccamento una “patologia”, diciamo che si è perso il sapere della nascita secondo natura, ecco, con una serie di stravolgimenti che creano ostacoli al percorso di crescita della mamma e del bambino.
Anche il padre fa parte integrante dell’evento, non è ospite o visitatore, anche a loro sono aperti i corsi di accompagnamento alla nascita, è sostegno, filtro, protezione.
Sì, ma il parto in casa non è il ritorno al passato che molti pensano, ma uno sguardo sul futuro. Le ostetriche li supportano e li realizzano solo se a basso rischio ostetrico, cioè se ci sono le condizioni di realizzare l’evento in sicurezza. Si selezionano le donne che possono realizzare questo desiderio, non per tutte è possibile.
La situazione è migliorata rispetto a dieci anni fa quando l’Oms pose un limite al numero di cesari praticati. La maternità di Foggia è sempre stata virtuosa rispetto al resto della Puglia, abbassando la media regionale. Di solito, un ginecologo, alla richiesta della donna per un cesareo senza indicazioni mediche, cerca di dissuaderla. Ogni nascita può essere un rischio, il cesareo, in quanto intervento chirurgico, lo aumenta. Alcune donne, nei miei gruppi di accompagnamento alla nascita, sono partite con questo proposito e poi si sono innamorate dell’idea del parto naturale. Dopo aver fatto un percorso di esperienza e conoscenza, hanno cambiato idea.
Dal punto di vista dell’assistenza, la percezione che mi arriva è che la situazione migliorata. Anche il Covid ha favorito l’arrivo di nuovo personale giovane in maternità. Le donne assistite investono molto sulla relazione personale e non solo su quella tecnica. Alcune, inoltre, scelgono il ginecologo sperando di ritrovarlo al momento del parto, e quando non si realizza è motivo di delusione. Ma devono lavorare sul proprio corpo, sulla loro responsabilità, come tutti del resto, e dobbiamo un po’ riagganciarci alla natura perché ci aiuta a traghettare meglio la nostra vita, e soprattutto quella dei bambini.
Proprio così, ma non sempre le varie figure parlano la stessa lingua e magari non si conoscono neanche. È più facile lavorare insieme nell’ambito del consultorio. Negli ultimi anni sono venute fuori figure complementari in questo settore, l’osteopata, per esempio, il chinesiologo. Integrarle e farle comunicare fra loro sarebbe un bellissimo obiettivo da raggiungere. Il nostro territorio ha tante offerte che vanno però integrate nella nostra cultura.
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