“Tutto chiede salvezza” serie Netflix sul male di vivere e sull’amore
Stato Donna, 7 novembre 2022. Perché tutti gli uomini straordinari sono melancolici? Aristotele aveva riconosciuto quella che lui aveva definito come “malincolia” e la corrispondenza tra melancolia e genio, tra la follia e il talento, tra la depressione malinconica e l’ingegno creativo, l’immagine della follia come risultato del genio è ricorrente. “Tutto chiede salvezza” è la serie di Netflix liberamente ispirata all’omonimo romanzo, vincitore del Premio Strega Giovani 2020. Dalla poesia al romanzo, traccia il cammino di Daniele Mencarelli nel malessere e del male di vivere, denso di consapevole compassione e di quadri onirici ,con ricordi commoventi di quando si era semplici. La serie riflette su una certezza assoluta: ogni storia ha il suo dolore.
Chi sa chiedere salvezza? Ogni persona ha una storia dalla quale cerca salvezza, e ogni storia raccontata è incastrata nella mente, proprio quella mente in cui si rifugia la paura, pronta a scappare fuori inaspettatamente, e Daniele, un ragazzo problematico che sente tutto e sente troppo, ha la paura incatenata nella mente.
Lui si risveglia a seguito di un episodio psicotico in un ospedale psichiatrico in regime TSO circondato per sette giorni da persone ai bordi del mondo che lo spaventano perché non sa comprenderle; l’incomprensione ci rende sprovveduti e limitati, probabilmente questo è il vero difetto; non sapere vedere è una deficienza.
Queste persone con la stessa sua paura conservano tormenti comuni ma che non risultano esserlo per la maggior parte degli altri con una profondità poco profonda; sono persone che non sanno misurare le emozioni, e il dolore e la felicità hanno lo stesso peso. Sono persone estrose e delicate in modo speciale e tutti i loro oggetti più preferiti trasudano familiarità e tenerezza, come se potessimo riconoscerli nostri; hanno quel male di vivere che non viene riconosciuto ma definito come pazzia, follia, disturbo.
Ma i folli chi sono? Chi è sovrastato dalla rabbia è folle? Nella follia si nasconde il segreto della creatività, nella possibilità di credere di potere essere sé stessi e osare di vivere anche fuori, con la gente, tra la gente. È l’intensità della vita che definisce la follia che prende la forma di anime denudate, di troppa umanità, di un addio soffocato, di un’occasione persa. Il troppo vivere di un nessuno che nel suo angolo di letto vuole la salvezza per tentare di dosare il dolore, la disperazione, la rabbia, l’allegria, l’entusiasmo. Alcuni salvano senza sapersi salvare. Che è caratteristico dei veri salvatori. E il ‘io ti vedo anch’io’ che rassicura.
L’aspetto romantico arriva verso la fine, quando alcuni, chi resiste, guadagnano la consapevolezza di quanto il viaggio intrapreso sia stato catartico, da caotici e interrotti, l’impresa alla fine è restare vivi e se si potesse incorniciare la tela con una base musicale, a finale, sarebbe quella delle celebri medicine amare di Bersani che impugnano il controllo di alcune vite anestetizzandole tanto da non permettergli di avere spazio su altro.
E suona l’inno alla forza dell’amore, attraverso il quale le persone folli e sole possono combattere i loro rispettivi impulsi, e canta delle sfuriate dei ragazzi così cerebralmente fragili che si calmano grazie all’intesa che li calma, sovrapponendo il battito cardiaco.
Eugenia Pagone, 7 novembre 2022