“Pronto mamma sono tuo figlio”, ma lei non si ricorda

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Foto: spezza l'indifferenza.it

Stato Donna, 6 novembre 2022. Lo guardo mentre parla al telefono. E’ rassegnato, e ripete la stessa frase almeno due volte, ma forse anche tre. Lo fa un po’ per conformarsi a lei, che ha sempre avuto questo modo di esprimersi, anche quando era più giovane e la malattia nemmeno in agenda. Che poi, chi la mette in agenda, vorrei sapere. Che già quando ti dimentichi una cosa ti allarmi anche più del dovuto, e magari corri a comprare la Settimana Enigmistica, perché vuoi tenere il cervello in attività, e ci piacciono le neuroscienze e leggiamo che è plastico e con i cruciverba e i rebus lo aiuti, si sa, e certe persone fino a novant’anni la fanno ancora e si ricordano tutto.

La guerra, com’era vestita la moglie la prima volta che si sono incontrati, i nomi dei compagni di scuola, e in fondo che importa se non si ricordano cosa hanno mangiato a pranzo. Hanno novant’anni, cavolo.

 E quindi di corsa a comprare la Settimana Enigmistica, per due settimane. Poi ti dimentichi che è giovedì e anche della soluzione a quello che temi di avere. Che non lo riesci neanche a pronunciare. Fino a quando non ti accorgi che non l’hai più comprata, che forse quella non è la strategia giusta e ti avvilisci. E ti fai il Post-it per la settimana dopo, e ripeti questo copione per un po’ di tempo, fino a quando non ti stanchi e decidi che un integratore è meglio. Meno impegnativo.

 Soluzioni facili e veloci per noi uomini e donne del nostro tempo, che questa malattia non la riusciamo a curare, nonostante tutte le cose che sappiamo.

 Ma siamo un popolo di virologi, mica di neurologi. Comunque lui le parla come a chi è piccolo o straniero ma tu lo tratti come se abbia un problema di udito, scandendo le parole e anche le lettere, a volte. Perché ora sua madre non lo fa più per vezzo di reiterare i pensieri e le frasi. Lo fa perché non ricorda di avertela appena detta, quella cosa. Non ricorda che ieri, venerdì, lo ha chiamato pensando che fosse domenica e gli ha raccontato delle discussioni con l’altro figlio, che da quando si è separato è tornato a casa, e lei non sa della separazione, ma solo perché non ricorda che si era sposato.

Lo vede lì ed è come se fosse ancora un ragazzino e lo chiama perché ogni tanto si dimentica anche che lavora fuori e gli chiede “Quando arrivi? Guarda che ho cucinato, si raffredda”. E quella è stata una delle prime avvisaglie.

Non sapeva più fare il pesto, la sua specialità. Metteva cose a caso nel frullatore e lo chiamava pesto. E loro non avevano capito, la sgridavano. “Ma che combini?”Gliel’ho suggerito io. Forse non si ricorda più la ricetta, ho detto. E l’ho fatto cercando di essere dolce, perché è sempre un colpo al cuore. E ho letto lo smarrimento, l’angoscia. Il dolore di aver perso tua madre che è viva. Una fine improvvisa, solo che è solo l’inizio della fine.

 La fine della famiglia che lei nonostante tutto ha tenuto insieme. O ci ha provato almeno, a modo suo. La fine della scusa per partire e andare tre giorni al mare. La fine di quegli spaghetti con le vongole.E della zuppa di pesce cucinata con un ingrediente che non ha mai voluto rivelare, e forse non c’era, ma era bello pensarlo e fare finta di cercare di individuarlo.

 Lo aveva chiamato anche la settimana scorsa, perchè non aveva niente da mettersi e non trovava i soldi che aveva messo da parte per comprare qualcosa di nuovo. E allora l’ho aiutato a scegliere dei pantaloni caldi, dei maglioncini morbidi, una giacca di pile maculata per essere a posto anche seduta sul divano, non si sa mai che arrivi qualcuno. Anche se non arriva più nessuno, in realtà.

 E poi delle pantofole di pelliccia, e altre maglie con gli strass come piace a lei. Poi abbiamo preparato un pacco e glielo abbiamo mandato. E l’ho visto che aspettava la telefonata con la quale lo ringraziava. Ma non per il grazie, ovvio. Solo per sentire la gioia della sua voce, come faceva prima quando le regalavi qualcosa.Invece non ha chiamato.

 L’ha fatto lui. “Mamma, hai ricevuto il pacco?” “Sì, non te l’ho detto?” “No, mi hai chiamato ma non potevo rispondere, scusami”. E non era vero. Ero lì, avrei sentito il telefono squillare.

 “Ti sono piaciuti i vestiti mamma?” “Sì, sono carini, ma ora ti devo lasciare”. Non ha detto niente e nemmeno io. Sono uscita con una scusa, ho respirato profondamente e volevo telefonare alla mia di madre ma mi è sembrato male, come di infierire. E poi lo ha richiamato lei, dopo tre giorni ed era domenica ma non lo sapeva.

 “E’ arrivato il pacco oggi” ha detto felice. “Grazie, che belle cose mi hai mandato. Mi sono messa il giubbino per uscire a fare la spesa, mi hanno fatto i complimenti”. Poi l’altro giorno mi ha raccontato che la domenica non lo chiama più. E neanche durante la settimana. “Si è dimenticata di me”, ha detto con una smorfia che si fingeva un sorriso mentre componeva il numero. Ha respirato profondamente anche lui, prima. “Pronto mamma, sono tuo figlio”.

Simonetta Molinaro, 6 novembre 2022