Stato Donna, 29 ottobre 2022. Calma, ascolto, sguardo rivolto all’interno, osservazione, astensione da ogni forma di giudizio e preconcetto, purificazione. Sono queste le pratiche che esercita una persona dedita alla crescita interiore. Dalla base della nostra colonna vertebrale in salita verso l’ultimo chakra, ovvero quello tutto immerso e rivolto alla Coscienza universale, con i sensi aperti e ricettivi, con lo sguardo interiorizzato e testimone, si mette in luce una condizione ottimale, benefica per coloro che la sperimentano, il viaggio verso l’alto apre gli orizzonti, spinge oltre la comprensione.
Questo studio infatti rende la persona dedita, capace di sfruttare in percentuale superiore alla norma, le potenzialità della mente ovvero del quoziente intellettivo, producendo un effetto a cascata che si diffonde oltre il Sé, anche sul tessuto sociale in cui opera. In effetti, e il lettore attento del resto se ne sarà accorto, la descrizione sopra riguarda il fiorire della Coscienza suprema, ovvero quella che risiede beata nel chakra sette, quello cioè più elevato che tutto trascende, impassibile e immutabile.
A questo punto occorre precisare e mi scuso se non lo avevo ancora fatto, che i chakra hanno una corrispondenza nel micro e nel macrocosmo. Quali centri energetici che guidano le nostre esistenze, i chakra hanno nel contempo un corrispettivo nel macrocosmo, qui per esempio il concetto appena introdotto viene chiamato secondo la letteratura pre-classica del Samkhya come Purusha.
Esso risiede quale energia cosmica universale, come coscienza pura, ogni cosa succede secondo le leggi del Dharma, ogni cosa semplicemente accade. Il suo corrispettivo nel microcosmo coincide con la coscienza del singolo individuo ogni volta che essa non è mossa e non si identifica con la materia e con l’ego.
Ma perché gli ultimi sette articoli di questa rubrica hanno trattato i chakra in maniera discendente invece che ascendente? Perché il nostro mondo ha bisogno di più coscienza nel suo campo d’azione. Ovvero là dove risulta chiaro che l’ascesi tende univocamente al bene comune e che in calce ad ogni tipo di riflessione, risiedono dei principi i cui valori sono condivisibili e univoci, occorre però concretizzare la coscienza universale e darle connotati tangibili. Occorre cioè sperimentare questa “canoscienza” affinché essa trovi la migliore realizzazione.
Facciamo un esempio: immaginiamo di voler costruire una casa, quindi cominciamo col vederla e nel farlo visualizziamo in che modo possa essere bella (chakra 6), inevitabilmente comunicheremo la nostra idea a qualcuno (chakra 5), e perché si possa procedere col costruirla sarà necessario metterci in relazione con i costruttori, con venditori di mattoni e sicuramente relazionarci con chi ci cede la superficie edificabile (chakra 4).
Dunque, occorrerà manifestare la volontà di costruirla, ad esempio chiedendo l’intervento dei muratori e pagandoli (chakra 3), quindi cominceremo a spostare materiali e oggetti (chakra 2), in fine eccola: una casa che poggia le sue fondamenta sulla terra (chakra 1).
In ultimo, sottolineo l’importanza della pratica: accettare le ripetizioni, con i loro limiti e lavorare su quelli è necessario alla manifestazione. Tutto questo è Yoga.
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