Olive e zucche nel caldo estivo, tre imprenditrici del foggiano raccontano
Stato Donna, 25 ttobre 2022. L’estate di ottobre, forse anche di novembre ma non solo di San Martino, è un clima pazzo che produce temperature anomale, popola spiagge e fa andare in giro a maniche corte. Quali altre sorprese ci attendono non si sa. Abbiamo chiesto ad alcune imprenditrici agricole della provincia di Foggia, Lidia Antonacci che ha l’azienda “Mio Padre È Un Albero”, Daniela Bubba, di “Verde è Rubino” e Paki Attanasio di “Podere Serraglio”, come nei fatti si lavora date queste temperature.
Siamo nel periodo autunnale, regno dei melograni, del mosto, del grano che “muore” condito nella ciotola ad Ognissanti, delle zucche e della raccolta delle olive. Cosa succede nei campi, in particolare dove si coltiva il biologico, date queste impennate di temperature e la stagione che ci lasciamo alle spalle? L’abbiamo chiesto a loro, e qualcuna ci risponde mentre, dal cellulare, si avverte il suono del motore che trasporta le olive: “Non abbiamo una vita normale, dobbiamo sempre riuscire a incastrare i tempi”. Più o meno la sintesi di giorni complicati da impegni.
“Per un’ imprenditrice agricola, o imprenditore – dice Lidia Antonacci- la situazione del caldo di questi giorni crea grandi problemi a cui bisogna dare soluzioni, per noi il clima è socio di maggioranza in affari. E la questione riguarda tutte le produzioni, io mi occupo di olivicoltura, in particolare, ma anche di grano, melograni, lavanda. In olivicoltura la situazione è pesante perché ci interfacciano con alberi e non con piante che hanno vita più breve, io ho anche alberi secolari. Ottobre é molto caldo e la loro attività vegetativa continua, non va mai a riposo, e questo può condizionare la produzione dell’anno successivo. Un primo danno è la produzione più di parti vegetative che di frutti.”
A raccogliere olive con temperature così alte, succede che il frutto tenda a maturare più velocemente e comporti degli sbalzi nella maturazione. “In questi giorni di raccolta io chiedo alle persone che stanno raccogliendo olive di mettere i cassoni all’ombra perché le olive arrivano al frantoio troppo calde, e questo compromette la qualità dell’olio, a meno che il frantoio non sia dotato di un macchinario che ristabilisce l’ equilibrio. Tanto calde che si parla sempre più di raccolta notturna come si fa in Sicilia, cosa che succede già per l’uva”.
Lavorare rispettando la stagionalità non è semplice, si fa fatica a rimanere in equilibrio. “Si può aver bisogno di maturare nuove risposte che richiedono tempo mentre noi siamo chiamati a soluzioni tempestive”. A testimonianza di questo clima pazzo, o come dice Lidia Antonacci, di questo “capriccio climatico” per il grano si sta diffondendo l’abitudine di irrigarlo. “Io ho 56 anni e non ho mai sentito una cosa del genere, detto questo, ho detto tutto”.
“Podere serraglio” è l’azienda di Paki Attanasio che ha scelto di produrre, in biologico, cereali, olive e ortaggi, come le zucche, e il cotone. “Durante questa campagna di produzione ci sono state condizioni di siccità e di precipitazione veramente disastrose, ho perso il 35% della produzione del grano. Il “Senatore Cappelli” era venuto fuori bellissimo, una bomba d’acqua me lo ha allettato. Gli ulivi hanno avuto bisogno di essere idratati, poi è arrivata la grandine che ha distrutto il 15% della produzione, l’umidità intensa ha provocato il fenomeno della mosca”.
Per passione coltiva quattro tipi di zucche fra cui quella allungata (cocozza) e quella circolare tipica di Halloween: “Quest’anno il campo è stato un disastro perché, nonostante l’irrigazione, sono cresciute male, hanno avuto una crescita discontinua, la pioggia le ha fatte marcire completamente per via della maturazione anticipata dal caldo fra luglio e agosto, e in parte anche giugno. Sono preoccupata, soprattutto per i prodotti di qualità certificati e biologici che, non avendo il supporto dei concimi particolari e antiparassitari specifici per alcuni infestanti, ci complicano la vita, già di per sé complicata dal clima. Le zucche le abbiamo dovute raccogliere alla fine di settembre quando, in genere, ciò avviene un mese dopo, l’acqua le stava facendo marcire”. Ma perché complicarsi la vita? “Le coltivo per amici e ristoratori che preferiscono compare zucche biologiche- dice l’impenditrice- . Il mio olio appena molito, invece, ha per fortuna confermato la qualità, i profumi, la consistenza degli anni precedenti, il lavoro e la cura hanno consentito di salvare la produzione anche se molto ridotta”.
Daniela Bubba porta avanti un’azienda con sua sorella Laura e un amico, Raffaele Fanelli, si occupa di ulivi e ha degli alberi di melograno, il frutto abbinato a miti, risvegli e passaggi che è uno dei più famosi e tipici del periodo, come le zucche.
“Continuiamo ad avere alberi da frutto che in pochi ormai piantano e invece noi continuiamo a farlo anche se abbiamo problemi con i vicini…per via del fatto che cadono e possono andare sul loro terreno, per esempio. Ma la nostra idea di campagna è quella di un giardino”.
I melograni sono stati molto tardivi nella produzione e hanno prodotto molto poco, quest’anno: “La buccia esterna che li caratterizza ci è sembrata da subito secca, priva di acqua. Mi sono rattristata ma poi, aperti, sono risultati ottimi, anche per la capacità di adattamento della pianta. Abbiamo quattro o cinque alberi che hanno circa 10 anni, stiamo pensando, costi permettendo, a un progetto di irrigazione con centimetri sotto la terra per non sprecare acqua. I cambiamenti climatici mordono e bisogna dare risposte”.
Hanno acquistato un altro terreno di recente: “L’abbiamo lasciato scoperto e in quest’annata di siccità abbiamo notato le differenze con quello coltivato, che scottava come la sabbia al mare a mezzogiorno, ustionante, provate a immaginare la sofferenza per le radici. La parte di terreno non coltivata presentava invece inerbimenti, quasi un refrigerio per la suola delle scarpe, e questo tipo di terreno tiene anche l’acqua quando piove. Ovviamente ci vuole cura per evitare parassiti e quindi malattie”.
Daniela e i suoi soci si basano sull’osservazione: “Non è facile seguire il ritmo delle piante spaesate da questo clima, che quest’anno hanno deciso di selezionare i loro frutti, anche pochi ma buoni oppure tanti ma poco succosi, come è successo ai fichi che si sono “affavognati”, cioè, con un termine dialettale, sono stati colpiti dal vento caldo del favonio. Noi coltiviamo l’albero non solo per i frutti ma collaboriamo e ci intrecciamo con esso”.
Spiega le tecniche di protezione delle piante, auspica una visione ministeriale che “miri al consumo razionale dell’acqua sui terreni” e ribadisce: “La campagna come un giardino”. Con tanta fatica e stagioni difficili.