Stato Donna, 22 ottobre 2022. Bianco, blu, nero, grigio. Questi i colori prevalenti nel giorno in cui il governo giura all’insegna della sobrietà. Fogli puliti, lavagne sulle quali scrivere pagine nuove, che si inseriscono di diritto nella storia perché, a prescindere dall’idea politica legittima di ciascuno, siamo davanti a un cambio di passo che mai avremmo immaginato.
La prima donna Presidente del Consiglio in Italia. Giovane. Di destra. Che oggi ha giurato davanti al Presidente Mattarella. E lo ha fatto con atteggiamento discreto e sorridente, nel suo nuovo corso, quello probabilmente ammorbidito da una vittoria schiacciante che la rende forte ma meno dura di come l’abbiamo sempre vista, quando forse doveva alzare la voce per farsi sentire. Perché, in un mondo maschilista e paternalista come quello della politica italiana, non basta essere brave per emergere. A volte devi un po’ sgomitare, lo sappiamo, e chi dice il contrario mente sapendo di mentire. Il buonismo politicamente corretto che ci seppellisce.
Forse ora gridare non lo dovrà fare più, Giorgia Meloni. Si potrà rilassare un attimo per poi raccogliere le forze per lavorare al meglio. Per rispondere alle istanze degli italiani che le hanno dato fiducia, a quelli che non gliel’hanno data ma le riconoscono preparazione, a quelli che l’osteggiano a prescindere per posizioni politiche, a quelli che già hanno manifestato contro prima ancora del giuramento.
E chissà se la scelta di questi colori neutri, garbati, sia stata un’indicazione precisa. La richiesta, magari solo un suggerimento, di non sembrare eccessivi, arroganti nell’ utilizzo di toni che metaforicamente possano rimandare ad atteggiamenti dai quali si cerca di prendere le distanze.
E anche le forme dei tailleur, tutti pantaloni, scelti dalle ministre (pochine, a dire il vero) e quello della Premier per prima, richiamano atteggiamenti meno rigidi. Pantaloni morbidi a cercare autorevolezza ma non autorità. Eleganti ma non svenevoli. E nemmeno uome. Sotto i pantaloni, i tacchi. Siamo ministre, siamo donne, e chi vuole capire capisce.
Pochi gli accenni di colore diversi. Un po’ di bordeaux, qualche azzurro forse omaggio a Berlusconi, e tutti timidi e solo nelle cravatte dei neo ministri. L’unico che tenta una connotazione senza dirlo è Giorgetti che indossa una cravatta verde ma non nella nuance che conosciamo e che riferiamo a periodi differenti. In un tono più discreto, forse a dire ci siamo ma sappiamo di dover stare un po’ di lato. Però piantiamo la bandierina, non si sa mai.
E comunque, a prescindere da queste considerazioni dove si intrecciano in libertà costume, politica, società, facciamo gli auguri a questo governo. Perché fare gli auguri alla Premier e ai suoi ministri è farli a noi, e ne abbiamo tanto bisogno, da tanto.
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