Paola Egonu è “un’idola” e non deve lasciare la nazionale per i soliti razzisti
Stato Donna, 16 ottobre 2022. Sport e razzismo. Due elementi diametralmente opposti ma che spesso si toccano in un connubio creato da qualche idiota. L’ultimo caso macchia il volley e colpisce la nostra campionessa Paola Egonu, italiana di origini nigeriana, classe 1998 e punta di diamante della nostra nazionale femminile. Fresca vincitrice del bronzo Mondiale, conquistato dopo la finalina contro gli USA, dopo la bruciante sconfitta col Brasile in semifinale.
È proprio dopo la finalina che si consuma l’episodio che ci ributta nel fango del razzismo. Egonu, in video diventato virale, in lacrime, lamenta al suo coach di non voler più giocare in nazionale, di esser stanca, perché qualcuno le aveva addirittura chiesto perché fosse italiana. Ora, che fosse il risultato dell’idiozia o del razzismo di qualcuno (pare autori di post offensivi post gara col Brasile), poco cambia.
Lo sport è integrazione, esempio, sudore, osservazione incantata degli idoli cui ispirarsi. È fratellanza, tifo, passione. Tanti sono stati gli episodi, i più clamorosi nel calcio, che hanno colpito giocatori e atlete di colore, come se non fossimo nel 2022, come se il colore della pelle potesse ancora essere oggetto di distinguo o, peggio, di offese e discriminazioni.
Ma Paola Egonu non deve e non può lasciare la nazionale, e non deve farlo per tutte quelle ragazze che in lei vedono un’idola, un modello, la campionessa da emulare e cui assomigliare. Perché non conterà mai se la piccola giocatrice o la idola del poster in camera sia di etnia europea o africana o asiatica, la prima guarderà la seconda sempre e solo per le sue schiacciate, le sue battute, i suoi sorrisi in campo e proverà idolatria e ammirazione. I cretini, i razzisti, provino a guardare sé stessi allo specchio, e provino un po’ di sana vergogna.