Stato Donna, 26 novembre 2021 Ritorna nella terra dei suoi avi, Manfredonia, e scopre quanto questa sia ricca di risorse, tutte da valorizzare, mentre sarà proprio lì che il rapporto con suo padre migliorerà.
Accade ad Ada, protagonista del romanzo non-fiction “Il tempo relativo”, edizioni Albatros, scritto da Michela Lauriola, madre e docente di scuola secondaria di Manfredonia, che non si sente mai arrivata e non si ferma mai, “in una fase della vita in cui si comincia a vedere le cose in modo diverso e in cui tutte le esperienze vissute danno finalmente il loro frutto”.
Ambientato negli anni ‘90, a Manfredonia, appunto, il romanzo, a tratti poliziesco, vede snodarsi la vicenda intorno ad un furto archeologico e diventa poi occasione per recuperare i fili della memoria del passato. Un passato nel quale si potranno recuperare la bellezza delle proprie origini e il senso di appartenenza ad un territorio.
La trama.
Ragazza quattordicenne, Ada torna a vivere a Manfredonia con il padre, comandante dell’arma dei carabinieri, che ha chiesto di proposito il trasferimento nella città delle origini per due ragioni: preservare i figli adolescenti dai rischi connessi al vivere in una grande città come quella dove si trovavano, da un lato; seguire più da vicino un’indagine molto delicata a carattere internazionale relativa ad un caso i cui tratti fondamentali sembrerebbe abbiano preso le mosse proprio da Manfredonia.
Il ritorno nella città natale, tuttavia, non sarà così sereno ed idilliaco come il padre di Ada lo aveva immaginato.
Tanto per cominciare, Ada inizialmente non accetta di ritrovarsi ad abitare in una realtà apparentemente così monotona, dai ritmi lenti e tranquilli, come quella che sembra offrire la piccola città del sud scelta da suo padre. Così comincerà a frequentare persone poco raccomandabili e dubbie.
Ma, per uno strano caso del destino, si imbatterà nei responsabili del furto su cui sta indagando il genitore.
I due, che si stavano allontanando, a causa degli alti e bassi tipici dell’adolescenza che vive Ada, a quel punto, troveranno un modo per riavvicinarsi.
Come è stato concepito il romanzo?, abbiamo chiesto all’autrice.
“Non è stato un lavoro lineare, diciamo. Semmai, il libro è il frutto di un percorso realizzato in vari momenti della mia vita.
Avevo cominciato ad abbozzare la vicenda tra il 2009 e il 2010, quando ero in attesa di mio figlio. Poi l’avevo accantonata.
Soltanto negli ultimi due anni, ho pensato di riprendere il mio lavoro di scrittura”.
In particolare, da dove è venuta la spinta?
“Un po’, grazie a mio marito e a mio cugino che mi hanno incoraggiata a riprendere il lavoro che avevo lasciato in un mio vecchio notebook credendo che fosse andato perduto, a seguito di un incidente. Invece, inaspettatamente il notebook si è riacceso.
Così, nei ritagli di tempo, durante le vacanze e, nei periodi della pandemia in cui ho sofferto di insonnia, di notte, la scrittura è ritornata ad essere una valvola di sfogo per me, oltre che quella passione che avevo sempre coltivato fin da bambina”.
Perché ha ambientato la vicenda nella sua città?
“Manfredonia è una risorsa, una bella realtà che merita di essere valorizzata, io credo. Spesso mi capita di sentire solo parlare male di questa città, ma io non accetto che essa venga stigmatizzata. Piuttosto, penso che sarebbe bello parlare dei tanti aspetti positivi che la caratterizzano: della sua storia, ancora tutta da scoprire e studiare, delle sue bellezze naturali. Mi risulta, per esempio, che addirittura al British Museum di Londra sia tenuta una sezione dedicata a Siponto e, a mio parere, questo non fa altro che dimostrare l’importanza del nostro sito archeologico e quanto ancora si potrebbe riportare in luce.
In più, per caso, negli ultimi 3-4 anni, mi è capitato di incontrare persone che avevo perso di vista e, parlando con loro, sono venuti fuori particolari del tempo della mia adolescenza che ricordavo in modo impreciso. Mi è venuto, quindi, naturale, nella vicenda che stavo scrivendo, inserire degli scorci, degli sprazzi della Manfredonia di allora e per com’era vista dagli adolescenti”.
Quali sono gli aspetti del libro che vorrebbe evidenziare?
“Il rapporto padre-figlia. Un rapporto in cui io, come madre, mi ritrovo, trovando occasione, in esso, per riflettere su come impostare il mio rapporto con mio figlio.
Il padre di Ada non riesce a smettere di essere carabiniere quando è in famiglia e mette al primo posto la tutela delle cose e delle persone. Questo principio, però, lo porta spesso a voler esercitare una sorta di controllo, ad essere sospettoso, a voler proteggere ciò che lo circonda, anche a costo di mettere a rischio e di rovinare certe dinamiche relazionali. Bisogna, invece, da genitori, trovare la forza di rimanere un passo indietro, a volte, e lasciare che i figli vivano la loro vita secondo le loro attitudini e le loro possibilità”.
È evidente, nella vicenda, anche l’attenzione rivolta al senso di appartenenza inteso come il sentirsi parte di un luogo e porsi in continuità con la sua storia.
“Infatti. Ada sentirà forte il richiamo verso la propria terra di origine, dopo un primo momento di ribellione che la spinge a desiderare di andare via da Manfredonia. E questo richiamo diventerà evidente nel contrasto che avvertirà tra sé ed i suoi compagni manfredoniani. Mentre, cioè, questi ultimi vivono in un presente con tanti vuoti, con un certo disinteresse per ciò che li circonda, con lo sguardo rivolto solo al denaro, Ada, invece, trova nelle sue origini, nel passato, che guarda con interesse e curiosità, lo strumento per ricostruire la propria vita e la propria identità”.
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