Che non siano solo sogni e desideri di mezza estate ma si segua ciò che si vuole

Stato Donna, 28 agosto 2022. Che poi…ogni anno la stessa storia. San Lorenzo e la sua notte, che gliel’abbiamo addirittura spostata perché non cadevano abbastanza stelle per i nostri gusti. Perché abbiamo troppi desideri, forse.

Dico forse perché non ci ho mai pensato, in realtà. Mai espressi, neanche ai compleanni davanti a candeline che si sciolgono nell’attesa che prenda forma un pensiero rigorosamente in silenzio, pena il non avverarsi, e nel frattempo la cera va a sporcare creme e ganache, che poi ti tocca rovinare le decorazioni con il coltello prima di iniziare a tagliare le fette. Ecco, io penso sempre, in quel momento, cavolo si sporca la torta, e la magia del mio desiderio si spegne miseramente insieme alla candelina, che con il passare del tempo ha subito un’involuzione decrescendo rispetto ai miei anni, nel senso che dai quaranta è diventata una sola, ma bella, eh.

Pochi ma buoni, come si dice. Che poi quest’anno non l’ho nemmeno spenta, perché a nessuno è venuto in mente di prepararmela, una torta. Pago lo scotto della donna forte che non ha bisogno di nessuno. Che sembra, magari, a chi fa comodo credere questo.

I desideri, dicevamo. E i sogni. Che certi poeti ci hanno fatto la loro fortuna. Di mezza estate e sempre, perché non è che ci possiamo ridurre sempre all’ultimo momento, tocca pensarci. Anche se, a guardar bene, nel desiderio viene espressa, etimologicamente, la distanza da esso. Quanto siamo lontani da quello che vorremmo. E sembra un controsenso, un ossimoro. Esprimo un desiderio per stabilire l’irrealizzabilità dello stesso? Per decretarne l’impossibilità? Mi serve allora, questa manifestazione, per lavarmi la coscienza?

“Io lo esprimo signori, ma converrete con me che è troppo difficile che avvenga. Ne parliamo perché non si dica che non ho sogni”, anche se poi arriva sempre qualcuno a dire -attento a quello che desideri, potrebbe realizzarsi- che non è nichilismo puro, forse, ma è parente stretto e quantomeno sconcerta. Un doppio colpo, perché non solo non realizzo ciò che vorrei, ma anche la mia autostima soffre, perché evidentemente sembra che io non sia in grado di gestire gli eventi, di affrontare cambiamenti, di rischiare di essere un po’ felice.

Perché di questo si tratta. I desideri, a meno che non siamo brutte persone, sono di cose belle, di rinnovamenti non solo dello spirito, di trasformazioni in meglio, di crescita. E dove sta scritto che uno non sia capace di star bene? Possiamo noi essere sempre nello struggimento? Nella sofferenza? Nel dolore che, va bene, lo dobbiamo attraversare ormai l’abbiamo capito tutti, ma prima o poi lo dobbiamo elaborare, trasformare, gestire. Per andare avanti, tante volte.

Perché i dolori sono tanti e sfaccettati, e tutti dignitosi. Suggerire di relativizzare, nel momento di sofferenza profonda, è sempre un errore. E’ sminuire, è non ascoltare, è non credere a quel problema per l’altro cocente.

Ma poi, da qualche parte, bisogna che si trovi la forza di fare. Di agire. Di ridurre la distanza da quello che agita le nostre notti insonni, tormenta giornate poco produttive in cui si gira a vuoto. Il passaggio all’atto, quello ci serve. Perché per accorciare le strade bisogna iniziare a percorrerle, se davvero è quello che vogliamo. Che forse, la maggior parte delle volte nemmeno ne siamo sicuri fino in fondo di voler concretizzare noi, figli dell’attesa. L’attesa del piacere è essa stessa piacere, lo abbiamo fatto nostro quando lo abbiamo letto una volta, ma forse non lo avevamo contestualizzato, lo abbiamo valutato in senso assoluto applicando la matematica alle emozioni nonostante abbiamo letto anche che il cuore ha delle ragioni che la ragione non conosce e allora un po’ di confusione la facciamo, a volte.

Chiediamo cose che speriamo la vita ci rifiuti e sperimentiamo la paura di essere. Vivere il coraggio di vivere non è semplice o immediato, ma ce lo dobbiamo. Sempre, perché San Lorenzo passa, i desideri e i sogni no.

Simonetta Molinaro, 28 agosto 2022

 

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