Aborto, Chiara Ferragni contro Fdi che replica. “Non una di meno” sul caso Marche

Stato Donna, 25 agosto 2022. Il tema dell’aborto entra in campagna elettorale attraverso una storia Instagram di Chiara Ferragni: “Ora è il nostro tempo di agire e far sì che queste cose non accadono” ha scritto l’influencer con migliaia di follower. Sullo sfondo si vede una sala operatoria e un lettino nero. “Fdi ha reso praticamente impossibile abortire nelle Marche che governa. Una politica che rischia di diventare nazionale se la destra vince le elezioni”. Le ha fatto eco Alessia Morani, parlamentare di Macerata, insieme al Pd e al centrosinistra: “Chiara Ferragni venga nelle Marche e ci aiuti a combattere questa battaglia. Sono due anni che ci battiamo contro questa destra retrograda che nega i diritti. Nelle Marche governate da Fratelli d’Italia il diritto alla interruzione volontaria di gravidanza è stato praticamente cancellato dalla giunta Acquaroli”.

La questione, come emerge dal diattito che ne è seguito, riguarda, in particolare, l’obiezione di coscienza di molti medici, un problema che è stato più volte rilevato dalle associazioni femminili e che riguarda molte strutture ospedaliere. Ma interessa anche l’aborto farmacologico, la Ru486 e le linee guida delle Regioni.

Fdi ha risposto con Isabella Rauti, responsabile del dipartimento famiglia, ed Eugenia Roccella che, fra l’altro, sono entrambe candidate in Puglia per le prossime politiche: “Se la stampa e le influencer vogliono occuparsi seriamente dell’aborto nella regione Marche, dovrebbero informarsi sulla base dei dati e consultare le relazioni annuali al Parlamento sulla legge 194. Per esempio, leggendo l’ultima firmata dal ministro Speranza si evince – spiegano – che nelle Marche l’offerta del cosiddetto servizio di Ivg è di gran lunga superiore a quella nazionale: le interruzioni volontarie di gravidanza, possono essere effettuate nel 92,9% delle strutture sanitarie mentre la media italiana è del 62%. Per quanto riguarda gli obiettori, il numero di aborti a carico dei medici non obiettori è 0,8 aborti a settimana, non sembra quindi che l’obiezione di coscienza, diritto civile previsto dalla legge 194, sia un ostacolo”. Per quanto riguarda il cosiddetto “aborto chimico” (pillola RU486)- prosegue il comunicato- “va ricordato che le linee guida del Ministero non sono vincolanti (infatti l’Emilia Romagna ne ha sempre avute di proprie, diverse da quelle nazionali); e soprattutto che quelle attuali, emanate dal ministro Speranza, non rispettano la stessa legge 194, quando prevedono che l’aborto possa essere effettuato nei consultori ovvero fuori dalle strutture ospedaliere. È doveroso ricordare anche che la pillola Ru486 è un aborto più economico per il servizio sanitario ma più pericoloso per la salute delle donne, considerati i numerosi effetti collaterali e una mortalità più alta, come emerge dalla letteratura scientifica in materia”, concludono.

Poco dopo è arrivata la nota di “Non una di meno transterritoriale Marche”. “Sulla questione dell‘obiezione di coscienza nelle Marche, è una situazione che denunciamo e che va avanti ormai da anni, da quando c’era il governo di centrosinistra e che negli ultimi due anni, con il governo di centrodestra, si è ulteriormente accentuata”. Il 28 settembre del 2021, nella giornata internazionale dell’aborto sicuro, hanno manifestato davanti alla sede del Consiglio regionale a sostegno dell’aborto libero, gratuito e farmacologico. “Nelle Marche c’è un elevato tasso di obiezione di coscienza che rende complicato per le donne accedere all’interruzione volontaria (Ivg) di gravidanza, una situazione decennale, che a seconda delle strutture ospedaliere oscilla tra il 70% e il 100% di obiezione”.

Oltre alle criticità sul fronte dell’Ivg, aggiungono la “mancata applicazione delle linee guida ministeriali per la Ru486, non recepite nelle Marche, le quali prevedono la possibilità di accedere all’aborto farmacologico (Ru 486) non solo negli ospedali, ma anche tramite consultori e fino a nove settimane di gestazione. Nelle Marche questa possibilità è prevista solo negli ospedali di Macerata, Urbino e Senigallia solo per le donne residenti, una possibilità prevista solo fino a sette settimane di gestazione e non fino a nove come previsto dalle linee di indirizzo del Ministero della Salute. Ribadiamo il punto centrale garantire il diritto alla salute e alla scelta di abortire”.

 

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