Stato Donna, 17 agosto 2022. “Ebbene sì, inizia per me questa campagna elettorale”. Valentina Lucianetti comunica sui social che è allo start l’operazione voluta dal Pd e che la vede candidata nel collegio uninominale di Foggia alla Camera, 39 comuni fra cui i Monti Dauni, Lucera e S.Severo.
Lo schema di gioco sembra quello del 2018, con Lia Azzarone alla Camera nella circoscrizione di Foggia e Michele Bordo in quella del Gargano, oggi base d’azione per Raffaele Piemontese, inserito anche nel proporzionale.
Lucianetti è avvocata, figlia del pm Massimo Lucianetti, attualmente componente dell’Osservatorio per la legalità di Confindustria. È stata presidente dell’assemblea provinciale ai tempi di Paolo Campo segretario provinciale, poi un lungo periodo di assenza dalla vita attiva del partito e adesso il ritorno.
“Quando me lo hanno comunicato sono rimasta ferma pochi attimi- scrive sui social- per riflettere su questa impegnativa avventura. Ho raccolto le idee, i miei pensieri e riflessioni di sempre. Grazie alle mie amiche e ai miei amici Democratici per questo privilegio in cui spenderò tutto il mio impegno ed entusiasmo”. Poi ringrazia Raffaele Piemontese e il Pd.
Rimandati i congressi del partito per concentrarsi sulle elezioni del 25 settembre, non deve essere stato semplice scegliere un nome per il collegio che nel 2018 fu conteso fra tre donne – Rosa Menga, allora nel M5S, Michaela Di Donna (Fi), e Lia Azzarone (Pd)che partecipò a quelle politiche già da segretaria provinciale del partito di Capitanata, poi candidata ed eletta consigliera comunale a Foggia.
Si ipotizza, per Lucianetti, a parte l’esito delle prossime urne, un suo possibile successivo percorso: a candidata sindaca? A candidata alle regionali? Sono queste le domande che si fanno dentro e fuori il partito. Fantapolitica, visto già l’impegno prossimo non da poco. Si dice anche che il Pd stia pensando alla possibilità dì Vladimir Luxuria come candidata prima cittadina a Foggia, per il resto la base del partito è rimasta perlomeno sorpresa dalla designazione di Lucianetti, dato che non mancavano nomi di attivisti più presenti e più assidui.
In ogni caso sono elezioni politiche, tirano i simboli, tanto più se i nomi li decidono i capi dei partiti e quella del voto al simbolo- ha fatto notare ieri un Fabiano Amati molto infuriato a liste completate- si configura come una sorta di “paganesimo”. Magari anche su questo sarebbe opportuno che si facesse una riflessione, a prescindere dal clamore delle urne, in ogni partito che piazza i propri.
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