“Una campagna elettorale sui social e sui leader, io tiferò per i migliori del territorio”

Stato Donna, 8 agosto 2022. Una campagna elettorale balneare, con poco tempo a disposizione verso il voto del 25 settembre. “Non si faranno nemmeno i 6×3, che sono considerati ormai obsoleti”. Lo dice a Stato Donna Gianni Di Lauro, che di campagne elettorali ne ha organizzate tante: “Sì, me ne occupo da 40 anni, da quando ero rappresentante d’istituto e poi nei tempi d’oro della Dc a Foggia fino al calo di consensi”.

Era a capo della segreteria politica di Vincenzo Russo quando il partito raccolse il 32%, anno 1992, fu l’unico delegato della Capitanata al congresso che segnò il passaggio al Partito Popolare, anno 1993, successivamente assessore alla Provincia di Foggia. Una passione per la politica che ha sempre coltivato, direttamente o indirettamente, fino alle ultime regionali al fianco di Anna Maria Fallucchi, risultata la donna più suffragata in Puglia.

Qualche mese fa è stato nominato coordinatore provinciale di “Noi di centro”, gruppo che fa riferimento a Clemente Mastella, referente regionale Gianni Stea: “Quell’esperienza si è esaurita prima di partire- ci dice- manca l’abc della politica, non siamo riusciti a imporre la democrazia all’interno. Quella di distanziarsi da questo percorso è stata una scelta del gruppo di Foggia, nel pieno rispetto di Mastella che ha tutta la mia stima, con la sua voglia di esserci e lavorare sempre, e che sta cercando di federare realtà regionali. In Puglia Gianni Stea ha carta bianca”.

I centristi non si sono uniti….

Il centro avrebbero dovuto incontrarsi e parlare con una sola voce, tutti, da Tabacci a Calenda, da Mastella a Renzi, che è stato coerente, devo dire. Qualche mese in più avrebbe permesso un’aggregazione. Si pensava a Mara Carfagna come leader di questa coalizione, ma, ripeto, non c’è stato il tempo.

Che campagna elettorale è quella in corso?

Tutta giocata sui social, sulla televisione, sui leader , una campagna elettorale in cui i candidati avranno un peso relativissimo e che cercheranno di sparire per far emergere i leader, anche sulla base di “ordini di scuderia” delle segreterie. Ancora una volta hanno scelto i partiti, e non so nemmeno se esistono più. La campagna elettorale si fa sul simbolo del partito.

Come tutte le politiche…

Tirano i leader, Meloni, Salvini, Berlusconi, Letta. Sono dell’idea che è importante vincere stando dalla parte giusta e certe volte bisogna scegliere anche di perdere per stare dalla parte giusta, le aggregazioni per vincere non fanno bene al paese e alle amministrazioni.

L’onda del 2018 è stata tutta pentastellata

Oggi i sondaggi dicono che il voto di opinione è per Giorgia Meloni, la vera sorpresa del campionato. Bisogna dire che gli elettori vanno anche per tentativi, a parte quelli che culturalmente votano sempre dalla stessa parte. Di fatto c’è un popolo che tu non controlli e sul territorio il cavallo forte conta poco, anche se mettere insieme tanti candidati forti può aiutare.

I collegi sono molto più ampi rispetto a 4 anni fa. Cosa cambia?

Chi è stato capace di prendere voti personali non si muoverà come quando è andato a prenderli casa per casa, pochi faranno i manifesti, strategia vecchia. Grillo ha avuto quel boom, i beneficiari del Rdc faranno il tifo per il M5s per portare consensi e se Conte si candida in provincia di Foggia ci sono i tifosi e un simbolo che tira ancora.

La gente vota chi conosce?

Lo spero, perché noi abbiano avuto parlamentari che nessuno conosceva e che non si sono fatti sentire.

Dopo il Covid è tutto come prima o la pandemia è stata uno spartiacque?

Tutti i partiti prima di tirare fuori una strategia fanno sondaggi in base a cui manifestano gli orientamenti, dicono alla gente quello che vuol sentirsi dire, e questo è un problema perché dovrebbero dare l’indirizzo.

Si tratta di capire se vogliamo un popolo di assistiti o un’economia che produce posti di lavoro. La gente si è seduta, c’è bisogno di una scossa che parte da un problema di sicurezza perché in tanti vorrebbero investire ma non lo fanno per paura. Le piccole e medie aziende devono essere messe nelle condizioni di liberare le proprie energie, e ci sono tanti  ragazzi che oggi non pensano a costruirsi un futuro.

Siamo ancora alla girandola dei nomi per i candidati e si vocifera di qualche “esterno” per il collegio di Foggia. Tu cosa ne pensi?

Diciamo subito che nessuna candidatura è certa e fino all’ultimo le cose possono cambiare, considerando anche le alleanze. Sugli “esterni” penso che debba finire il turismo dei candidati che scendono a Foggia e prendono voti, e su questo la gente deve svegliarsi. Capiamo chi sono, cosa hanno fatto per il territorio e se hanno i numeri per lavorare in futuro. È chiaro se c’è un candidato del territorio che riteniamo impresentabile, allora che vengano pure scelte diverse. Un tempo questo turismo riguardava alcuni partiti, ora tutti si sono aperti a queste dinamiche.

Il centrosinistra sembra orientato a candidare bandiere pugliesi…

Le liste fino all’ultimo minuto hanno sorprese, tanto più che si sono aggiunti altri spezzoni.

Il collegio di Foggia è conteso e temuto. Lo abbiamo scritto su Stato Donna. Condividi?

Nel centrodestra c’è un’ala intransigente, ex An, che tende a lasciare poco spazio alle candidature indipendenti e trasversali. In ogni caso nulla si può dire perché tu non controlli la pancia del territorio. Mai mi sarei aspettato che nel 2018 il M5s avrebbe preso tutti quei voti e collegi rispetto a un centrodestra che aveva messo su una squadra forte e molto equilibrata.

Oggi si gioca tutto sulla comunicazione, il candidato sposta poco, e nemmeno i sindaci faranno campagna elettorale, tranne qualcuno che ha un suo chiaro schieramento politico. I sindaci lasceranno che il ‘sangue’ scorra senza sporcarsi le scarpe, dato che fanno i conti con il consiglio comunale. Possono consigliare, ma perché dovrebbero esporsi senza sapere come andrà a finire?

Questa campagna elettorale è diversa dalle altre?

Sono elezioni del caso e vince chi parla alla pancia del paese. Io preferirei essere un consigliere regionale anziché un parlamentare, e non si capisce come mai alcuni big della Regione potrebbero decidere di lasciare il loro posto.

Giandiego Gatta ha fallito il risultato con una barca di voti nel 2018 perché non era nel proporzionale

Ma per Giandiego ci sta, fa il consigliere regionale da tanti anni, si è speso tantissimo per il territorio, ma mi chiedo: Raffaele Peimontese, che si dice potrebbe candidarsi, perché lo fa? Ha giocato bene le sue carte in Regione, è assessore al bilancio, vice della giunta regionale. Forse si sente stretto da Decaro, attuale sindaco di Bari?

Le regionali sono un’altra partita elettorale rispetto alle politiche. O no?

I conti si possono fare anche da lì. Fdi ha preso nel 2020 il 21%, con la lista di Fitto al 10% e quella del partito all’ 11%, voglio dire che hanno fatto il risultato quando per loro pioveva…oggi non possono che fare meglio, anche con l’aggiunta del voto di opinione. Invece la domanda che nessuno si pone è come mai il Pd non aumenta le percentuali dato che il M5s perde voti?

Ma tu hai mai visto un’onda al 45-50% come quella del M5s in Capitanata?

Sì, l’ho vista ai tempi della Dc, dai consigli comunali alle elezioni politiche fino alle ultime nel 1992 erano tutti democristiani. Dopo l’onda pentastellata e il rimbalzo della Lega, per tornare ai tempi nostri, abbiamo quest’onda di Fdi che non si smonta, anzi, più si attacca Giorgia Meloni e più la si rafforza, il Pd farebbe bene a parlare di sé.

Cosa farai in campagna elettorale?

Aspetto i candidati e poi faremo il tifo per quelli che rispondono di più alle nostre attese personali, per quelli bravi, dovunque siano collocati, per il meno peggio e, soprattutto, per la gente che ha a cuore il territorio, che ha una storia e che ha già dimostrato di saper fare.

La tua campagna elettorale più particolare o più bella?

Alle politiche del 2002 ero candidato fino al giorno prima nel collegio Gargano, la mattina dopo non c’ero più, per dire dei colpi di scena e di come possono essere volatili le candidature, a parte quelle di alcuni leader consolidati. Quella più bella, invece, fu nel 1992 al Senato con Vincenzo Russo. I suoi luogotenenti (Di Giuseppe, Cafarelli, Mongelli) lo lasciarono solo e, per la prima volta dopo 30 anni, non fu ricandidato alla Camera. Lo parcheggiarono al Senato sapendo che, forse, non ce l’avrebbe fatta. Invece fu eletto e divenne per la prima volta senatore con me, non ancora trentenne, capo della segreteria politica. E poi grandi festeggiamenti.

 

 

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