Stato Donna, 21 luglio 2022. La crisi di governo terremota anche i partiti in fibrillazione da mesi, quando per 95 voti c’è bisogno di mantenere il numero legale lo scenario è di una maggioranza giunta al capolinea. Fosse stato un consiglio comunale si sarebbero cercate mediazioni, probabilmente.
Dicevamo dei partiti, rimasti all’ombra del premier da un anno e mezzo e divenuti litigiosi, vendicativi e sempre più risentiti, anche preoccupati, legittimamente, di assicurarsi continuità e sopravvivenza. Lo strappo più eclatante, a voto di fiducia consumato, è quello di Mariastella Gelmini con il suo partito, Fi: “Questo non è il movimento politico in cui ho militato per quasi venticinque anni: non posso restare un minuto di più in questo partito”. Così il ministro per gli Affari regionali e le autonomie. “In un momento drammatico per la vita del Paese, mentre nel cuore dell’Europa infuria la guerra e nel pieno vortice di una crisi senza precedenti, una forza politica europeista, atlantista, liberale e popolare oggi avrebbe scelto di stare, senza se e senza ma, dalla parte di Mario Draghi”.
Le offre una futura sponda Gaetano Quagliariello: “Cara Mariastella, il futuro dei moderati e dei liberali italiani lo scriveremo noi, e lo scriveremo insieme”, che un po’ riecheggia il motivetto della canzone politica di Fi ai tempi d’oro di Silvio Berlusconi molto diffidente e contrariato dalle manovre di Toti e del suo cantiere. L’impressione è che la calamita centrista, a destra e a sinistra, cerchi un riscatto dopo l’ondata pentastellata del 2018.
“Consentitemi di dire che oggi è una giornata veramente brutta per il Paese, una politica che decide di non assumersi le proprie responsabilità, che preferisce pensare agli interessi del singolo partito piuttosto che agli interessi del Paese”, così la capogruppo del Pd al Senato, Simona Malpezzi, molto provata come Gelmini. Con toni molto più risentiti, e nella constatazione che mai, forse, la sintonia fra Pd e Italia Viva è stata così palpabile, Renzi ha parlato, un po’ cripticamente, di “un’area Draghi”.
La viceministra Teresa Bellanova, ha chiosato alla fine di una giornata molto tesa: “Il 14 luglio il partito di Conte non ha votato la fiducia al governo. Oggi, di nuovo, insieme a Lega e FI, non hanno votato la fiducia, mentre cercano di scaricare su altri una responsabilità che è solo loro. Intanto i loro ministri sono ancora al Governo, senza avere la decenza e il coraggio di dimettersi. Con quale autorevolezza, con quale legittimazione firmano atti di governo? È uno spettacolo raccapricciante e un danno enorme a cui stanno costringendo il Paese”.
È già pronta ai blocchi di partenza la presidente di FdI e parlamentare Giorgia Meloni che ieri sera ha chiuso la lunga manifestazione del coordinamento romano, ‘Piazza Italia’. “Un Parlamento dominato dalla paura del voto degli italiani, che pensa soltanto a sopravvivere. Avete superato ogni limite”, scrive sui social. Lega e Fi non vogliono certo sentirsi spiazzati da tale attivismo da campagna elettorale, per la leader nazionale di Fdi si può votare anche fra due mesi.
La senatrice del Barbara Lezzi ha detto nel suo discorso ieri prima del voto: “La Lega ha chiesto un governo senza il M5S e vuole un giro di poltrone a suo favore. È evidente che ha il desiderio di completare le riforme con il Pd”. Insomma, ha paventato l’improbabile e provocatoria formazione di eventuali strani coppie. Che si si dovesse andare al voto ne era già convinta, prima ancora di enunciarlo in Parlamento. Che storia, però. Di Maio aveva strappato in un ultimo disperato tentativo di supportare Draghi, Conte si tiene la sua pattuglia compatta perché, insomma, di sangue da cedere non ce n’è più.
Mara Carfagna, la ministra per il sud, è tutta presa dall’accordo romano di partenariato 2021-2027 presentato sui social con la commissaria Elisa Ferreira, accordo firmato “dopo sei mesi di intenso lavoro, tre quarti delle risorse andranno al sud. Avremo nuovi sostegni alle aree fragili e innovativi programmi per la sanità e le aree urbane del Mezzogiorno. Un sistema innovativo, finanziato con i fondi europei per la Coesione: la dimostrazione di quanto sia importante il rapporto con l’Unione”. La crisi, per lei, sembra restare un orizzonte lontano.
Ma il clima idilliaco si è dissoltp, come pure il tutti insieme appassionatamente, Draghi se n’è accorto e ha tenuto un discorso molto netto, enunciando un programma chiaro. E i partiti cosa faranno, a parte accusarsi l’un l’altro della fine e dire, come hanno detto, “ma io con quello non voglio stare”?. Gioco del cerino e del Palazzo che dovrà, prima o poi, confrontarsi con il Paese, sperando di non trovarlo troppo in difficoltà fra pandemia, guerra e rincari.
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