StatoDonna.it, 14 maggio 2022. Si può apprezzare questo articolo come una scorciatoia verso le molteplici scoperte che si svelano ai sensi di coloro che praticano yoga da anni.
Qualche parola per cominciare sul termine più adatto che usiamo noi quando facciamo yoga ovvero “praticare”. Si dice nello yoga che il primo maestro di sé stessi siamo noi stessi, ovvero sul materassino a contatto diretto e continuo col corpo mentre assume le varie pose o Asana, esso viene esposto ad equilibri non ordinari e chiamato a ritrovarsi in posizioni molto diverse da quelle consuetudinarie. Tale esplorazione difficoltosa espone cioè la mente ad attivare l’uso di muscoli e tendini il cui impiego fino a prima era stato diverso e più monotono.
Dunque la mente si trova a suggerire e guidare gli arti nell’ ingaggiare tendini e fasce connettive per uscire dall’ impiego consueto e raggiungere un equilibrio ottimale, ovvero a realizzare un nuovo potenziale fisico prima e poi anche mentale nelle varie Asana. Questo spiega perché una lezione di yoga si chiama pratica.
Traslata tale consapevolezza ha un risultato concreto nelle vite di chi pratica yoga in quanto viene sviluppata una forza nuova che oltre ad essere fisica è anche mentale, la mente e il corpo preparano la persona ad uscire dalla propria zona confort, a superare certe paure, a scoprire di saper fare cose inaspettate, quindi a raggiungere espressioni diverse della propria creatività, del proprio carattere. Quel che il proprio sé suggerisce è di supporto, è il meglio che si può imparare e che conduce alla propria realizzazione grazie all’applicazione di quelle capacità prima inutilizzate che adesso si affacciano e coincidono con il fiorire della propria personalità.
La stabilità fisica e mentale però non si raggiunge solo con dei sordi movimenti né tanto meno solo con lavori mentali, si coltiva invece la mente e il corpo con costanza, con un ritmo proprio e attraverso l’approfondimento dello studio della persona nelle sue svariate sfaccettature.
Molto di quello di cui siamo fatti non è visibile ad occhio nudo eppure c’è ed ha un’incidenza notevole, quindi nell’universo che piano piano si svela, viene in superficie anche comunicazione, l’incidenza e la trasmissione delle frequenze che si producono a livello di canali energetici, esserne consapevole è un buon traguardo.
Profilo
Simona Caputo è laureata in Lettere e Filosofia Orientali (aree Russia e India) presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale.
Il suo approccio con lo Yoga dunque, parte con lo studio della storia e delle tradizioni olistiche della patria della Yoga per poi passare alla sua pratica personale dei primi 5 anni a Mosca con due maestri dello Hatha Yoga: Timur Rakitskji e Dimitri Belijaev, in cui grande attenzione è stata spesa nella respirazione (Pranayama). Poi a Londra, la pratica si è spostata verso la nuova variante di Yoga dal nome Vinyasa Flow e dopo altri 4 anni di pratica ha cominciato a dedicarsi all’insegnamento di quest’ultima disciplina a Londra.
In fine la sua formazione ha mosso i passi fino a Goa, con il corso per insegnanti presso il Sampoorna Village e con il corso di meditazione con il maestro Sudhir Rishi (Sthira Yoga School, Mandrem India). La conoscenza e lo studio con questo ultimo grande maestro è stato molto significativo per lei. Infatti, dopo i diversi anni di studio, insegnare e condividere la pratica catartica della “meditazione in movimento” è quello che rende entusiasmante la sua vita.
A cura di Simona Caputo
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