Minori maltrattati, indice negativo al sud. Panessa: “Welfare carente e tabù”

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Ines Panessa e Franca Dente

Stato Donna, 12 maggio 2022. Cesvi ha presentato oggi la quinta edizione dell’indice regionale sul maltrattamento all’infanzia dal titolo “𝐂𝐫𝐞𝐬𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐬𝐢𝐜𝐮𝐫𝐨”, Cesvim un report che traccia il quadro nazionale e fa riferimento anche all’accresciuta violenza contro le donne.

“Anche quest’anno- dice l’organizzazione umanitaria che opera in 25 paesi nel mondo- il Mezzogiorno d’Italia resta al di sotto della media nazionale pur registrando miglioramenti, mentre l’Emilia-Romagna torna ad essere la regione con la migliore capacità di fronteggiare il maltrattamento ai minori. I due anni di pandemia hanno lasciato cicatrici pesanti il cui prezzo più alto è pagato da bambini e adolescenti. Un quadro preoccupante. aumentano gli accessi ai pronto soccorsi per tentati suicidi dei giovanissimi, depressione e disturbi del comportamento alimentare. In aumento anche la violenza domestica sulle donne.

Stato Donna ha sentito alcuni esperti del settore per cogliere le loro analisi rispetto alla realtà del sud ma, in particolare, quella di Foggia e della provincia. Massimiliano Arena, avvocato di famiglia, commenta questo quadro dal punto di vista della politica nel settore sociale: “Nella zona di Foggia non mi sorprenderei se i dati fossero ancora più allarmanti perché da oltre 10 anni il servizio sociale non funziona, rispetto ai minori, come dovrebbe. Le ultime amministrazioni comunali hanno sempre pensato di collocare in questo ruolo persone che nulla avevano a che fare con il sociale ma che erano il frutto di cambiali pre-elettorali. Ci sarebbe bisogno di un’inversione di tendenza, di un tecnico o di una figura super partes che capisca che, sebbene i bambini non votino, sono quelli che voteranno domani, e devono godere di più del welfare sociale”.

Massimiliano Arena

Franca Dente è presidente dell’associazione ‘Impegno Donna’, che si occupa di violenza di genere: “Sicurante la violenza è aumentata nel periodo di chiusura perché le donne sono rimaste chiuse insieme ai loro aguzzini, con i loro figli. È aumentata la “violenza assistita”, non solo quella subita dai minori ma quella cui hanno assistito in quei mesi. Dovendo badare ai loro figli, le madri hanno perso anche il lavoro precario, sia quelle che dalla violenza sono uscite sia quelle che ancora convivono con il loro aguzzino, è chiaro che la situazione è peggiorata. Ai nostri sportelli arrivano situazioni molto più pesanti rispetto a prima. Noi siamo fortunati perché la Regione Puglia ha attenzione per questi servizi che si occupano di violenza su donne e minori, e noi abbiamo portato avanti azioni di sostegno al reddito per aiutare le donne a reggere il carico familiare ed economico”. Ma anche il nord è stato in lockdown, ed è stato anche lì tragico fin da subito: “Non è la violenza che è diversa ma tutto il sistema socioeconomico”, dice Franca Dente.

Analizza la questione delle strutture di assistenza ma anche quella della mentalità Ines Panessa, psicologa e psicoterapeuta, presidente dell’associazione ‘Via le mani dagli occhi’ che si occupa di violenza contro i minori. “Dipende dal ruolo dei servizi sociali, dalla rete, purtroppo qui abbiamo poche strutture, dalle case rifugio ai servizi di supporto alle donne. C’è poi l’aspetto socio-lavorativo, una piaga che aggrava il problema per le donne che vogliono dare una svolta alla propria vita. ‘Se lo lascio poi come vivo?’, questa è la domanda che si pongono mentre hanno paura che, a causa del disagio, i figli potrebbero essergli tolti”. Ma è anche una questione di mentalità. “Persiste la diffidenza di rivolgersi anche a un esperto, a uno psicologo perché la mentalità è quella dello stigma. Il professionista viene visto come colui che cura ‘la pazzia’, manca la disponibilità ad allearsi con lui per rafforzare la consapevolezza di sé”.

In questo quadro fosco – in cui per tasso di disoccupazione le medesime regioni (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) si sono distinte nei dati pubblicati da Eurostat il primo maggio- la speranza per Ines Panessa è la sensibilizzazione e la formazione, perché non tutto può essere attribuibile alla carenza delle strutture sociali: “Parlo della mentalità delle donne, della loro ‘sindrome della croce rossa’ con cui sperano di cambiare il proprio partner, della dipendenza affettiva, quella della donna che continua a subire”. Nel suo discorso evidenzia la tendenza a giustificare il partner violento invece di denunciare. “L’amore malato non esiste. Per una serie di convenzioni sociali, le situazioni difficili fanno fatica a emergere perché il ‘segreto di famiglia’ non lo deve sapere nessuno, neanche i vicini che spesso sanno tutto, che vedono e ascoltano e potrebbero fare di più con una denuncia anonima”.