Donne lavoratrici, siamo tutte astronaute senza la conciliazione dei tempi
Stato Donna, 1 maggio 2022. Che differenza c’è tra una mamma che va nello spazio per cinque mesi e una mamma che dalle 8 alle 20 con una pausa di sole tre ore fa la commessa, la parrucchiera, l’operaia o la libera professionista o l’infermiera, il medico?
Nelle scorse settimane a tutti sarà capitato di confrontarsi con amici e parenti, o sui social, sulla scelta dell’astronauta Samantha Cristoforetti di lasciare i propri figli per cinque mesi e svolgere il suo lavoro lontano da casa. Una scelta che riguarda un periodo determinato della sua vita, ma quante mamme sono costrette ad essere assenti nella vita dei figli a causa dell’assenza di conciliazione tra i tempi di lavoro e quelli della famiglia? A stare lontano da casa per settimane? In questi anni in Italia si è molto discusso di conciliazione dei tempi, proposte che si sono concretizzati in piccoli diritti acquisiti dai lavoratori del pubblico. È la mentalità a mancare. Occorrerebbe uno sforzo collettivo capace di accogliere le mamme non come un peso ma come un’opportunità.
Le mamme sono multitasking, hanno abilità di pianificazione, di ascolto e soluzioni creative per risolvere i problemi, abilità che potrebbero far fruttare molto di più sul lavoro se lo stesso non fosse organizzato a compartimenti stagni ma più flessibile verso le mamme e i loro bisogni. Il modello da seguire in quest’ottica è sicuramente la Svezia e a seguire Finlandia e Norvegia. Paesi che hanno investito sulla qualità della vita delle donne lavoratrici, con servizi per i bambini e orari flessibili di lavoro per i genitori. Investimenti e diritti che si sono trasformati in una maggiore crescita economica per l’intero Paese ed una migliore qualità della vita.