Stato Donna, 29 marzo 2022. L’unità mobile della cooperativa Medtraining, che gira le strade della Capitanata per intercettare i fenomeni di riduzione in schiavitù, ha pubblicato la relazione semestrale del progetto “La Puglia non tratta – Insieme per le vittime”, progetto regionale per offrire assistenza ed accoglienza alle vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo. In tutta la Puglia sono 7 le cooperative che se ne occupano. Il progetto- partito dopo 18 anni da “Roxana” svolto dalla provincia di Foggia nel momento in cui le competenze sono passare alla Rgione- è giunto alla sua quarta annualità. L’iniziativa è finanziata dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Politiche per le Migrazioni e Antimafia Sociale.
La relazione esamina il fenomeno della prostituzione sulle strade della Capitanata rispetto a qualche anno fa e, in particolare, dopo l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19. “Molte delle donne incontrate dagli operatori sulla strada, hanno raccontato di aver esercitato l’attività prostitutiva all’interno di appartamenti, venendo così meno anche la possibilità di accedere a visite mediche specialistiche e di prevenzione, accompagnamenti sanitari presso le varie strutture, incontri individuali”.
Si evidenzia anche la presenza di donne nigeriane sfruttate sessualmente e lavorativamente. “Sono sempre di meno- nota Medtraining-, il fenomeno è sempre meno visibile e sempre meno controllato”. Le beneficiarie incontrate durante il lavoro dell’unità di strada sono infatti soprattutto donne e provenienti, per la maggior parte, da Paesi quali Bulgaria (55%) e Romania (28,3%), che rappresentano la percentuale più alta delle beneficiarie contattate.
Per le comunitarie- le donne che con i documenti hanno maggiore libertà di movimento, che ricorrono alle nostre strutture sanitarie e che, dice il coordinatore del progetto Roberto Lavanna, “possono raggiungere in pochi giorni le loro famiglie e tornare in Italia per continuare sulla via della prostituzione”- durante i mesi di pandemia la vita è stata più agevole. “Alle nigeriane nei mesi del Covid abbiamo portato da mangiare perché non avevano nulla di cui sfamarsi, non abituate a esercitare l’attività nelle case come è accaduto per altre”.
Quattro anni fa, la massima autorità religiosa nigeriana ha emanato un editto per liberare le ragazze trafficate dal vincolo dei riti vudù, quelli secondo cui, contratto il debito con chi fa loro passare il mare, devono rispettarlo. Spesso sono organizzazioni criminali del posto che si interfacciano con quelle locali essendo quello della prostituzione uno dei principali business della mafia, con la droga e le armi. Dipende anche da questo la minore presenza sulle strade delle nigeriane?
Tra le possibili cause, secondo la cooperativa, anche la diminuzione degli sbarchi, lo spostamento verso le cosiddette “connection house”, le case di prostituzione sparse in giro per i territori italiani, l’attività esercitata durante il periodo di Covid in indoor, nelle case, utilizzando soprattutto i collegamenti su internet. “Ci sono alcune connection house anche nell’ex pista di borgo Mezzanone- dice Lavanna- l’obiettivo dello smantellamento di tutta questa baraccopoli è nei progetti di Prefettura e Regione che hanno cominciato quest’opera”.
Dall’1 luglio al 31 dicembre 2021, attraverso il lavoro dell’unità mobile di strada, gli operatori hanno effettuato 145 contatti, percorrendo in modo particolare i tratti della SS 16 dell’Alto Tavoliere e del Basso Tavoliere, della SS 89 che porta a Manfredonia, della SS 673 Circonvallazione di Foggia. Le operatrici hanno inoltre effettuato uscite ed incontri anche nell’insediamento informale della pista aeroportuale di Borgo Mezzanone in collaborazione con l’organizzazione non governativa Intersos e nell’insediamento informale di Torre Antonacci in agro di San Severo.
“Offriamo servizi residenziali per ospitare otto persone vittime di tratta che sono uscite fuori dal circuito della violenza. Inoltre- aggiunge Lavanna- garantiamo servizi di consulenza legale, psicologica e di inserimento lavorativo. Un aspetto importante di quest’ultimo anno di attività è rappresentato dal protocollo d’intesa siglato con la Commissione Territoriale per il Riconoscimento dello status di rifugiato politico di Borgo Mezzanone e la collaborazione con le Commissioni sparse per l’Italia”.
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