La brutta tv della censura e il caso del prof Alessandro Orsini

Stato Donna, 26 marzo 2022. È da giorni che il Prof. Alessandro Orsini, docente di Sociologia del terrorismo e direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza nazionale della LUISS accumula critiche, insulti, censura. Era stato sospeso dalla sua Università per le opinioni espresse sulla guerra in Ucraina, evidentemente non condivise dall’Ateneo.

È stato invitato a non partecipare a trasmissioni televisive in quanto i primi interventi del Professore sono sembrati al proprio ateneo pareri personali non supportati da rigore scientifico. Nel frattempo è stato reso inaccessibile anche il profilo curriculare del professore su wikipedia.

Ognuno può risalire a queste trasmissioni, che vanno da SkyNews 24, a Piazza Pulita, a Cartabianca. In quest’ultimo caso è stata fatta filtrare l’indiscrezione secondo la quale il docente prenderebbe 2.000 euro come compenso a puntata. Hanno tuonato contro questo uso del denaro pubblico sia alcuni politici sia il Presidente della Rai. Il professore ha ribadito che ha ricevuto richieste di interviste a cifre ancora più alte e che è pronto a partecipare a Cartabianca, trasmissione condotta dalla giornalista Bianca Berlinguer, anche gratis.

Ma cosa fa così tanto arrabbiare la politica e il mondo del giornalismo? Il semplice fatto che con tono pacato ma molto determinato il professore ha messo in guardia l’Italia, facendo notare che il nostro atteggiamento verso la guerra in atto appare più da tifosi che da persone che si interrogano.

In ognuna di queste trasmissioni i video ci mostrano un Orsini che prova ad argomentare i passi secondo lui necessari per rendere efficaci i negoziati. Ma appena comincia a parlare si apre il rito, visto e rivisto spessissimo perché oramai dilagante in tv: il conduttore sornione e ridanciano (non è il caso della Berlinguer) che con il sorrisetto vanifica ogni sforzo di chi parla e di chi magari desidera come ospite anche ascoltare; un ospite di turno che interrompe continuamente le argomentazioni, impedendo di fatto al professore di proseguire ad argomentare, in modo sintetico e chiaro per noi ascoltatori, il ragionamento.

Quando si risponde a questo ostruzionismo, partono gli insulti che vanno sempre sul personale, che delegittimano la persona per arrivare a delegittimare il pensiero espresso. Gli insulti attengono al carattere, giudicato sopra le righe, pieno di sé, inutilmente narcisista.

Il rituale prevede anche un tentativo di rispondere alle argomentazioni puntigliose con altre argomentazioni, spesso di una banalità e di una genericità spaventose. L’esempio di Parenzo, che vietava al professore il paragone con la guerra in Iraq in quanto questa guerra (che ha contato tragedie enormi) era fatta, a suo dire, per esportare la democrazia, ne è una prova.

Molti si sono schierati a favore del professor Orsini, anche firmando una petizione contro la censura percepita come assolutamente ingiusta.

La vicenda che riguarda il professor Orsini rivela la incapacità dei nostri mezzi di informazione di tollerare pensieri più articolati; essa rivela inoltre la faciloneria con cui si è imboccata una strada dove l’informazione cede il posto allo spettacolo della gogna pubblica inflitta al capro espiatorio di turno.

Trasmissioni tutte uguali dove non c’è più traccia di umanità. E pensare che uno dei punti che il professore Orsini cita per un efficace negoziato di pace è proprio l’umanizzazione dell’avversario e il rispetto che gli si deve. La guerra c’è già tutta nella nostra brutta tv e nei giornali cartacei che ne seguono le orme. Difficile con questo spirito arrivare alla pace nella guerra vera, quella dove troviamo le case sventrate, i corpi feriti, i morti.

Maria Teresa Perrino, 26 marzo 2022

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