Olena e Larysa: “Orgogliose del nostro popolo di fronte ai russi”

0

A sin Larysa, a destra Olena

StatoDonna, 25 febbraio 2022. Olena Hordionok, farmacista, viene da Nižyn, nord dell’ Ucraina e vive a Foggia da 20 anni. Il suo primo incontro con la città è avvenuto al centro Baobab dove ha frequentato un corso di mediatrice culturale. Sua madre ha 83 anni, vive a 100 km da Kiev. “Ha visto i militari russi avvicinarsi, il nostro popolo è spaventato e noi ucraini qui in Italia siamo ‘imbarazzati’ perché non capiamo niente di quanto avviene”.

Noi siamo un popolo semplice, pacifico, che non ha provocato. Non eravamo pronti a difenderci da un’arrogante e smisurata potenza russa. Oggi ho sentito che i maschi dai 18 ai 60 anni non possono lasciare l’Ucraina. Il popolo non si aspettava la guerra ma sta affrontando con coraggio la situazione disperata, mentre tutto il mondo chiede di fermare Putin”.

Riguardo a ciò che il popolo ucraino si aspetta in questo momento aggiunge: “Capisco che non è facile prendere decisioni per i collegamenti economici che ci sono. Ogni ucraino spera qualcosa, aiuti economici, aiuti americani, aiuti europei, qualcuno prega. Noi siamo deboli di fronte ai russi e una cosa è vedere le bombe in tv, una cosa vederle a due passi da te. Io amo la mia terra, l’Ucraina mi ha cresciuto, e mi dispiace per i due popoli”. È nata nel 1968: “Sono una bambina sovietica, nata e cresciuta nel discorso che bisognava amare tutti i popoli dell’Urss, quello che è avvenuto per noi è inspiegabile, io prego per i due popoli”. Chiede di sottolineare un particolare: “Il popolo ha mostrato coraggio e fedeltà alla sua nazione, sono orgogliosa del nostro popolo che resiste, anche se non so per quanto tempo”.

Larysa viene da Ternopil e ha vissuto per 15 anni a Foggia. È rimasta in contatto con padre Oleg, l’assistente della comunità cattolica di rito bizantino in Puglia anche se da 6 anni vive a Bergamo. “Stiamo raccogliendo soldi per i farmaci, per i bambini orfani, per la gente che ha bisogno, stiamo raccogliendo viveri. Mi viene da piangere pensando che i nostri amici i nostri colleghi sono sotto i bombardamenti”. Lui, don Oleg, quando è partito per Fatima è passato da Bergamo per salutare la loro famiglia, per dire il grado di familiarità che ancora li lega.

“Simbolo della nostra cara patria, adesso” (Larysa)

“Oggi noi greci ortodossi preghiamo con i cattolici e con quelli di rito bizantino per la pace nella nostra terra. Quello che è successo è incredibile, non ce lo aspettavamo, siamo in piena guerra. Ma ci dà forza vedere che ci sono delle manifestazioni a San Pietroburgo di russi contro l’intervento militare. Mi viene da piangere pensando che i nostri amici e i nostri colleghi sono sotto i bombardamenti, anche il paese a due passi da Odessa, quello di mio marito, è stato bombardato”.

Parlando con i suoi amici al telefono li spinge, anche, a spostarsi, a trovare qualche regione più tranquilla. “Mi rispondono che ora è tardi. Adesso nella casa che era di mia madre, rimasta vuota dopo che è morta, ci sono delle persone che si sono rifugiate”. Larysa fa la badante, lo dice quasi con imbarazzo quando aggiunge: “Ma le mie due figlie si sono laureate all’università di Foggia e a Bergamo hanno trovato lavoro. Io sono laureata in chimica, ma faccio questo mestiere perché abbiamo avuto difficoltà economiche”. Ascolta la radio di Kiev: “Hanno chiamato i maschi civili a combattere, la situazione è disperata”. Nello stesso giorno in cui sentiamo Larysa e Olena, ci sono altre famiglie di ucraini residenti a Foggia che non se la sentono di parlare. Una fra queste, veniamo a sapere, ha un nipote di 20 anni appena richiamato per combattere e la zia non ce la fa nemmeno a raccontarlo.

“Domani partecipiamo a una manifestazione- dice Larysa- perché a noi le sanzioni non bastano, siamo l’ultima barriera davanti a Putin e al suo militarismo. Non vogliamo la guerra, noi preghiamo per la nostra patria”.