StatoDonna, 22 febbraio 2022. Fare volontariato cambia letteralmente la vita, in meglio. E Noemi Guglielmo, vicegovernatore nel direttivo della Misericordia – sezione ortese, ne è una prova.
“Posso dire che le persone, facendo volontariato, vengono potenzialmente portate a vivere una vita fondata su valori autentici” sostiene la ventiseienne impegnata nel servizio di volontariato sin dall’età di 13 anni “e cambiano il loro modo di stare nella società”.
Nel 2015, Noemi Guglielmo partecipa al Servizio Civile e, proprio in quel periodo, capisce la strada che intende seguire nella sua vita: aiutare coloro per i quali non è così facile trovare un posto nella società, le persone meno fortunate, affinché anche per loro diventi possibile un inserimento concreto nella vita di tutti i giorni, nel mondo.
Unica donna nel direttivo della Misericordia, e da circa due anni nel ruolo di vicegovernatore, appunto, Noemi Guglielmo ha così raccontato la sua esperienza nella confraternita della Misericordia di Orta Nova.
Cosa rappresenta per lei, le abbiamo chiesto, il ruolo che ricopre e l’impegno che esso comporta?
“Intanto, semplicemente un’occasione in più per fare volontariato.
All’inizio ero una consigliera ed il mio ruolo era meramente consultivo.
Quando ho, invece, assunto l’incarico di vicegovernatore, a dire la verità, ho notato subito un atteggiamento di particolare rispetto e delicatezza nei miei confronti, proprio perché sono l’unica donna e, per di più, la più giovane all’interno del Direttivo.
Sono grata per una tale accoglienza. Tengo, tuttavia, a evidenziare che ho voluto subito incoraggiare i miei colleghi a considerarmi come una di loro, indipendentemente dal fatto che sono donna e la più piccola.
Credo, cioè, che l’impegno dei volontari prescinda dal sesso o dall’età e che tutti possiamo dare il nostro contributo con umiltà e spirito di servizio.
E, quindi, da allora, dal momento in cui ho espresso una tale visione delle cose, il mio ruolo credo sia diventato più solido”
Parliamo di progetti cui ha partecipato nel suo ruolo di volontaria alla Misericordia. HicSum, per esempio.
“È il progetto concepito dal filantropo Luigi Spadoni, di Lucca, nel quale egli ha messo a disposizione dei fondi per consentire a 72 suore africane di venire in Italia. 72 come il numero dei discepoli mandati da Gesù a evangelizzare il mondo.
Così sono stati messi a disposizione di tali suore strumenti per la formazione, a livello sanitario e di protezione civile, da tenersi presso varie sedi della Confraternita Misericordia, tra cui la nostra di Orta Nova dove ne stiamo ospitando due, suor Perpetue e suor Giovanna.
Come avete vissuto questo tipo di esperienza voi volontari della Misericordia di Orta Nova?
“Suor Perpetue ha riportato, a mio parere, un senso di maggiore spiritualità alla nostra associazione, il cui operato era ormai diventato puro servizio perdendo quell’attitudine alla religiosità e alla fede che, in realtà, è la vera essenza della Confraternita Misericordia.
Ora, grazie a suor Perpetue, direi, si respira nella nostra associazione un’aria di maggiore pace.
Ci riteniamo fortunati, perché suor Perpetue ci ha anche aiutati a riscoprire il vero senso della vita, perché quando questo manca, anche un volontario può rischiare di non riuscire ad aiutare nel giusto modo chi ha bisogno.
Insomma, alla fine, grazie a suor Perpetue, siamo giunti alla conclusione che i veri poveri siamo noi. Che loro, in Africa, avranno anche bisogno di sostentamento economico, ma noi, in Italia, siamo poveri a livello spirituale.
Per esempio, suor Perpetue ci ha raccontato che in Africa non è permesso stare da soli e che si vive sempre insieme. Noi qui tendiamo a isolarci, vivere nell’individualismo. E siamo poveri dentro”.
“Che è diventata anche la nostra famiglia.
Arrivati in Italia, loro hanno provato a cavarsela da soli. Con le loro forze. Senza pretendere alcunché da nessuno.
Sono arrivati poi da noi per chiedere un aiuto alimentare, non un aiuto economico.
E noi siamo rimasti colpiti dalla loro educazione, dall’umiltà con cui si sono posti.
Così abbiamo offerto loro del cibo, cosa che in generale facciamo ogni 15 giorni con tutti i bisognosi”.
E poi cosa è successo?
“Abdul, uno dei ragazzi appartenenti alla famiglia pakistana, ha fatto domanda per il servizio civile e ha cominciato così a lavorare con Misericordia. Subito dopo, anche il fratello minore è riuscito ad accedere al Servizio Civile.
Ad oggi, entrambi i fratelli continuano a fare volontariato presso la nostra sede. E Abdul è stato tra i pochi volontari a rimanere disponibile, durante le fasi più acute della pandemia, come soccorritore per la convenzione del 118”.
Cosa ha rappresentato per voi aiutare questa famiglia di pakistani?
“Quando una persona chiede aiuto, bisogna avere quel pizzico di empatia per capire il senso delle sue richieste.
Io credo che la famiglia di Abdul sia venuta in Misericordia non solo per chiedere un aiuto alimentare, ma anche per trovare la pace, la serenità.
Credo che tutti i volontari del gruppo di cui faccio parte lo abbiano capito questo ed hanno accolto quei pakistani con un sorriso, fin da subito. Loro venivano dall’esperienza durissima e drammatica della guerra. Ci hanno raccontato che hanno visto persone rimanere mutilate a causa delle bombe. E ci hanno raccontato tutto questo perché avevano bisogno di sentirsi ascoltati”.
Il volontariato, dunque, arricchisce e porta sollievo a chi lo fa e a chi lo riceve.
“Credo proprio di sì. Il 9 marzo scadono i termini per presentare domanda di partecipazione al Servizio Civile. Un’occasione per fare l’esperienza del volontariato con la possibilità, in più, di percepire un compenso.
Il periodo della pandemia ha reso sicuramente tutti noi più diffidenti, ha insinuato in noi paure e dubbi. Ma sicuramente, io credo, per i giovani, fare qualcosa per gli altri aiuterà a stare meglio e, perché no, anche a riprendersi da questi ultimi brutti anni che abbiamo vissuto”.
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