StatoDonna.it, 14 febbraio 2022. A S. Valentino tutti tornano a parlare di amore. Parola inflazionata e termine spesso svuotato. Eppur potrebbe essere l’occasione per riappropriarci del suo significato più vero.
Parlare dell’amore è costringerlo a stare nelle parole che non abbiamo. A starne fuori quando ne abusiamo. È difficile parlarne senza mai nominarlo per dargli una veste che forse non gli appartiene. Nominarlo è già violarlo. Stanarlo per costringerlo ad essere ciò che non è. Meglio è sfiorarlo senza contaminarlo. Abitarlo senza mai possederlo. Lasciare che accada senza consumarlo.
Mutarlo in linguaggio senza che smetta di essere anche silenzio. È difficile però farlo senza disturbarlo. E ciò proprio a motivo del fatto che potrebbe risultare troppo facile compiere una tale operazione. Talmente facile da diventare difficile.
In amore la facilità – o presunta tale – è più un ostacolo che un aiuto. Più un rischio che un vantaggio. Una via per inflazionarlo piuttosto che scioglierlo e liberarlo. Potrebbe rivelarsi un inganno. In amore, come diceva Rilke, dovremmo tornare al difficile: «La gente (con l’aiuto di convenzioni) ha dissoluto tutto in facilità e della facilità nella più facile china; […] che alcuna cosa sia difficile dev’essere una ragione di più per attuarla […] Anche amare è bene: ché l’amore è difficile» (Rainer Maria Rilke, Lettere a un giovane poeta. Lettere a una giovane signora – Su Dio, Adelphi, Milano 1980, p. 48).
L’amore è soltanto difficile e per nulla impossibile. Se fosse impossibile sarebbe solo un grande inganno. L’amore, come sostiene Nancy, «contiene – e libera – la potenza dell’impossibile» (Jean-Luc Nancy, Il «c’è» del rapporto sessuale, [2001], SE, Milano 2002, p. 45).
È meglio che sia l’amore a possederci piuttosto che noi a tenerlo. È nella sua ultima stanza che, come una perla, abita la mia libertà, la quale, fuori da ogni assaggio, è sempre pronta a metterci in viaggio. L’amore è la via per arrivarci, ma anche la fatica che ci vuole per trovarla. Per assumerla e farla nostra. Per essere pronti a perderla in nome di un’altra che ci intriga e ci sfida. A donarla per farla fiorire nel solco di chi vorrà accoglierla. Di chi vorrà ridarcela.
Quando la libertà incontra l’amore si schiude, come la rosa oltre le spine. Come il chicco di grano che caduto in terra deve attraversare la lunga notte dell’inverno per arrivare a produrre il frutto in vista del quale lentamente muore. È difficile parlare dell’amore senza che non si rischi di sporcarlo, di scoperchiarlo, di farlo venire allo scoperto, imponendogli di lasciare una volta per sempre le sue retrovie, lo spazio nudo in cui è nato senza che si faccia violenza ai suoi segreti, ai suoi ritardi, ai suoi lunghi silenzi. Al suo nascondimento.
Si può rischiare di stanarlo e renderlo ostaggio dei nostri bisogni, che, come dice Bauman, oggi sono diventati capricci. Come anche dei nostri abusi. Delle nostre preferenze e anche delle nostre aspettative. Per questo ogni tanto ci abbandona e si ritira nei luoghi in cui bisogna continuare a cercarlo.
Parlarne oggi significa andare a riprenderlo da quel pantano di parole inflazionate in cui è caduto senza che nessuno se ne sia accorto. C’è troppo amore in giro: nelle parole, nelle visioni, nelle scene artificiali e artificiose del mondo virtuale, nei social network, nei negozi e negli ipermercati. Nelle facili concessioni che con sterili compromessi si fa della propria intimità. Nei continui scambi di sguardi mai abitati, di corpi mai celebrati.
C’è troppo amore in giro, per questo forse ce n’è poco. Molto in superficie e poco in profondità. Poco nei corpi e poco sui volti, molto nelle parti anatomiche vivisezionate e smembrate che di esso vengono offerte per saziare la voracità visiva di chi usa i propri occhi mentre è fuori dal proprio sguardo.
All’amore di oggi manca la mancanza. La mancanza come radice del desiderio che non conosce proprietà, ma solo anelito che strugge e scompone (cfr. Isabella Guanzini, Tenerezza. La rivoluzione del potere gentile, Ponte alle Grazie, Milano 2017, p. 62). E questo perché nella società liquida l’amore da desiderio si è trasformato in pura voglia.
Come scrive Bauman, avviene «come per lo shopping: oggi chi va per negozi non compra per soddisfare un desiderio […] ma semplicemente per togliersi una voglia […]. Il desiderio ha bisogno di tempo per germogliare, crescere e maturare» (Zygmunt Bauman, Amore liquido, trad. it. di Sergio Minucci, Bari-Roma, Laterza 2003, p. 17).
All’amore invece piace nascondersi nel gesto semplice di una carezza, di un bacio, di un abbraccio fugace, di uno sguardo discreto, di una intimità che resiste ad ogni forma di visibilità e di ostentazione (cfr. Anthony Giddens, La trasformazione dell’intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società moderne, Il Mulino, Bologna 1995).
L’amore non confonde l’esposizione con l’esibizione. Esige il raccoglimento dell’interiorità per attraversare tutto lo spazio dell’esteriorità. «L’esposizione abolisce la parola segreta, quella intima, quella nascosta» (Umberto Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano 2007, p. 58). Quando l’amore smette di essere cammino, fa presto a trasformarsi in una stazione di servizio. E la vocazione, come ha scritto il filosofo coreano di lingua tedesca Byung-Chul Han, cede il posto alla prestazione (Byung-Chul Han, Eros in agonia, tr.it. di Federica Buongiorno, Nottetempo, Milano 2013), la sorpresa alla pianificazione, il miracolo al sensazionale, la promessa all’illusione, il puro godimento alla faticosa gioia.
L’amore non è, come dice Tieck, «una malattia del desiderio, un divino languore» (cit. in Denis De Rougemont, L’amore e l’Occidente, Rizzoli, Milano 1977, p. 275). Non è un lampo di genio, né un gioco di emozioni accartocciate che ci travolgono prima che ce ne accorgiamo. L’amore è ciò che non si lascia dire, ciò che non ha nome fin quando non nasce dal nome che tu gli darai.
*In occasione della festa di S. Valentino, abbiamo chiesto al prof. Illiceto di poter pubblicare parte del primo capitolo del suo libro dal titolo Amore. Variazione sul tema, Andre Pacilli Editore, 2018.
A cura di Michele Illiceto, 14 febbraio 2022
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