Stato Donna, 10 febbraio 2022. C’è ancora qualche giorno per visitare la particolarissima mostra romana Ti con zero, nel Palazzo delle Esposizioni, contenitore pregevole progettato dall’arch. Piacentini a fine Ottocento e da subito destinato ad accogliere passato e presente in una visione artistica unificante e continuativa. Fino alla fine del mese di febbraio 2022, infatti, sarà possibile immergersi in un mondo fatto di suggestioni e di algoritmi, per restare ammaliati dalla bellezza di campi scientifici apparentemente non contigui, cui i diversi artisti attingono, partendo da presupposti comuni, paradigmatici, ma abbattendo stereotipi.
Un mondo di effetti sorprendenti in cui gli adulti si smarriscono ed i bambini si sorprendono,lasciandosi coinvolgere dalla dimensione giocosa ed allegra. Il visitatore è immediatamente trasportato dentro visioni extraterrestri ed extrasensoriali, un mondo il cui filo conduttore resta l’incertezza diffusa, il dubbio di non riuscire a comprendere tutto, un bagno di umiltà dentro un sapere tanto tecnico quanto affascinante, avvolto in un contenitore espositivo d’avanguardia, i cui spazi sono stati progettati ed allestiti dallo studio Formafantasma. Nel 2011 il New York Times ha considerati tra i designer più influenti per il decennio successivo, come poi è stato.
La mostra, a cura di Paola Bonani, Francesca Rachele Oppedisano e Laura Perrone, già nel titolo è intrigante e surreale, immediato il riferimento a Italo Calvino. Ti con Zero infatti è un racconto a carattere deduttivo dello scrittore, ma è anche una formula matematica con cui si indica l’incipit di un fenomeno, un istante che attraversa la dimensione temporale e spaziale, nella quale convergono molteplici possibilità di mescolare conoscenze e fantasia, creando tre stazioni, tre punti d’arrivo in cui si approcciano conoscenza razionale e conoscenza sensibile dei fenomeni presentati.
Una mostra da leggere, osservare e toccare con quell’istinto infantile che rende tutto più immediato e comprensibile, pur nella forte connotazione astratta, logico-matematica e quindi schematica, una sensazione di straniamento che già si manifesta nell’apparato didascalico che accompagna le tre sezioni di questa combine tra arte e scienza: Ti con Zero, Incertezza, La scienza a Roma.
Conoscere il mondo significa misurarlo ed esprimerlo in numeri (Lord Kelvin), ma ciò va riconsiderato anche alla luce della consapevolezza che misurare comporta necessariamente considerare la possibilità di errore nel calcolo; ed ecco che anche la statistica degli errori, delle incertezze, amata da Gauss, insegna a valutare un range entro cui il vero può comunque collocarsi. Aver compreso la qualità dell’incertezza, unica certezza dell’essere umano (B. de Finetti, matematico) ha insegnato all’uomo come gestirsi e come approcciarsi ad essa, considerandola una condizione umana imprescindibile, dalla quale può nascere l’arte.
Un discorso che ha i suoi presupposti nella visione platonica dell’ episteme, quella conoscenza che scaturisce da certezze scientifiche, non nella doxa, il parere, l’opinione generale. Nel primato della tecne, parola sfaccettata che comprende anche l’espressione artistica tra le sue accezioni, va collocata la possibilità di conoscere ed esplorare attraverso strumenti complessi e fondamentali, al fine di entrare in quel meccanismo che le curatrici della mostra chiamano zoè, la vita biologica nella sua fisicità, in contrapposizione con bios, ovvero l’insieme delle relazioni sociali tra singoli individui, dalle quali derivano tanto le pitture rupestri preistoriche quanto gli algoritmi che fissano forme di relazioni complesse tra gli uomini ed il loro universo.
Ed è al greco che torniamo nei momenti di vaghezza, di confusione, parafrasando V. Wolf, soprattutto in una mostra che chiede all’arte di raccontare le scienze, tanto che il robot che propone l’algoritmo di una intelligenza artificiale che analizza se stessa, viene opportunamente denominato Narciss, il paradosso in cui la macchina smentisce se stessa nel mentre si analizza intimamente mediante un occhio, una videocamera, è come Narciso che vede solo se stesso, quel Narciso che si specchia nel nostro tempo e ce lo racconta.
Una serie di diagrammi, Absolutes & Intermediates, oppure un grafico sui cui si riportano dati relativi a circuiti di corrente elettrica, proposti come cosmografia della storia dell’Universo, ex nihilo ad nihilo, dal nulla al nulla, possono divenire opera d’arte. Lo dimostra A. Denes, con i suoi disegni filosofici raccolti negli anni e qui riproposti. Nell’era della promiscuità, della coesistenza, la nostra, l’opera d’arte può rimandare anche alla osservazione continuativa di realtà microscopiche in cui dimensioni profondamente differenti accanto alle reazioni chimico-fisiche suggeriscono al visitatore una forma di arte performativa, per la quale gli effetti della luce o del calore o di un reagente determinano delle modificazioni significative nei paesaggi in cui si originano.
La sezione dedicata alla scienza di Roma riporta, invece, ab ovo, la nascita delle scienze e permette di riflettere sull’idea di progresso e sulla storia dei protagonisti in una città che è stata da sempre sfondo ed occasione di incontro e quindi di conoscenza. È interessante attraversare la rappresentazione figurata di temi di attualità come l’automatizzazione, la genetica medica, il riscaldamento globale, la riconversione ecologica, i modelli previsionali, accanto a processi di trasformazione urbanistica, desertificazioni, esplorazioni spaziali e affacci su Marte tramite prodigiose webcam, in un dialogo continuo tra scienziati e artisti che da origine spesso a visioni suggestive del sapere, reinterpretato in modo reale e contemporaneamente surreale.
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