L’infinito nelle pennellate dei grandi artisti, la mostra a Udine

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Foto: Il messaggero veneto

Stato Donna, 9 febbraio 2022. Cos’è l’infinito? Una domanda apparentemente così complessa, profonda, filosofica, esistenziale può trovare risposta non solo nella coscienza di ognuno ma anche, e soprattutto, nell’arte. La mostra esposta ad Udine a Casa Cavazzini, nel pieno centro storico della città friulana, prova proprio a dar forma all’infinito. Esso è infatti il filo rosso che lega fra loro le 8 sale e le circa 40 tele magistralmente raccolte ed esposte da chi ne ha curato l’allestimento.

Il viandante di Brunner

E così, guidati nei sensi e nelle percezioni dalle sapienti spiegazioni di una guida, si finisce per ritrovare l’infinito, per percepirlo e coglierlo nello spirito del “viandante” (opera di Brunner) che vaga per deserti campi verso un orizzonte indefinito, su di un sentiero lasciato visibile dietro di sé ma indefinito nel tratto ancora da percorrere. Lo si vede e quasi lo si può toccare nella spiaggia di Trouville dipinta da Claude Monet, mescolando la sabbia al colore, quasi a cristallizzare un giorno di festa, al mare, prima dello scoppio della guerra franco prussiana.

Lo si coglie nell’abbraccio di una madre che culla il suo pargolo durante il “Sonnellino” (opera di Ein Schläfchen), in un momento di quotidianità che dura in eterno come l’amore materno. Lo si percepisce innanzi a quei girasoli appassiti magistralmente colti da Paul Gauguin (Natura morta davanti all’Esperance), in un’opera dipinta verso la fine della sua vita, a sugellare nell’infinito il ricordo del legame col suo grande amico Vincent Van Gogh, sì che l’amicizia acquisti un valore assoluto, che va oltre la morte e oltre i dissidi, come quello che portò l’artista francese ad andar via da Arles provocando nel pari olandese una delle numerose crisi psichiche che lo portò a tagliarsi l’orecchio e a iniziare il suo declino personale, ma non certamente artistico.

L’infinito si vede pure nella ciclicità della storia e degli eventi, nell’opera di Kandinsky (“Piazza Rossa”), dove forze centripete e centrifughe muovono le linee guida cromatiche e soggettive dell’opera, focalizzando l’attenzione sulla coppia dipinta al centro (l’artista russo e la sua compagna) e tutt’intorno Mosca rappresentata nella sua piazza, nei suoi antichi cimiteri come nei palazzi moderni, passato e futuro, memoria e prospettiva, e l’uomo e i suoi sentimenti nel mezzo, in una ciclicità infinita.

Potremmo andare oltre. Ma tanto basta, speriamo, per stimolare alla visita di questa magistrale esposizione, senza spoilerare troppo sui suoi contenuti, ma sottolineando qui che le opere di Monet e Gauguin appartengono a collezioni private, difficilmente visibili se non in questa occasione e che quella di Kandinsky raramente lascia la capitale russa ove è ordinariamente esposta.

La mostra www.laformadellinfinito.com sarà ancora aperta al pubblico fino al 26 marzo 2022 e merita assolutamente una visita in un weekend friulano, fatto d’arte, buon cibo (fra Prosciutto San Daniele e vino rosso Merlot) e riflessione.

Perché gli ultimi anni di pandemia ci hanno costipati, chiusi, stretti nel nostro piccolo microcosmo, spaventati, allontanati dagli altri e dal mondo. E nulla più dell’infinito, trasmesso dalle pennellate di quei grandi artisti, in quegli istanti di assorbimento innanzi alle loro opere, può riportaci alla vita…che pur terrena, fragile e finita, lascerà un’orma che non si fermerà ai confini del tempo…perché anche l’infinito, in fondo, può prendere forma.

Benedetto Mandrone, 9 febbraio 2022