Maddalena si è inventata lo shampoo sospeso, l’amore vero ritorna

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Parrucchiere. Foto: grandenapoli.it

Stato Donna, 30 gennaio 2022. Guardava il mare. Saliva sull’ultima terrazza, con la scusa di stendere i panni, e guardava giù. Il mare della costiera, forse la più famosa del mondo, quella dove anche gli sceicchi si vengono a sposare e affittano ville che si chiamano Ville, ma sono tenute, con parchi infiniti che serve la guida per visitarli. Quella costiera che non ha bianche scogliere, ma giardini digradanti verso il mare, per permettere agli alberi di limoni di
crescere e punteggiare di giallo il verde che poi diventa azzurro, quando arriva giù.

Quella costiera dove ogni angolo nasconde un tesoro, le baie dei pescatori con certe alici carnose e il loro condimento, che poche gocce profumano la cucina, anche quando sei lontano ed è inverno, e gli spaghetti da soli ti sembrano tristi, ma poi si colorano d’estate, di sole e di mare. E le scale infinite che arrivano sulla spiaggia, di sassi, con certi negozietti piccoli, dove non c’è spazio per la noia, e il colore, i coralli, le stelle marine sono ovunque.

Corallo di Torre del Greco

Nelle ceramiche che riconosci al primo sguardo, senza neanche bisogno di girarla, la tazzina, ed è l’unico caso in cui un servizio più è spaiato, più è bello, ed unico. E nei vestiti che, originali li trovi solo qui. E dove i caftani bianchi e le infradito gioiello con i turchesi fanno risplendere abbronzature selvagge e capelli schiariti dal sole e dal sale. Ma questo, per le altre. I suoi, di capelli, erano sbiaditi e maltrattati perché non aveva i soldi per il parrucchiere e poi, sebbene fosse maggiorenne, le suore non la facevano uscire volentieri durante la settimana. Doveva sempre trovare una scusa.

La farmacia, di solito. E arrivava, affannata, perché il paese era tutto salite e discese e il convento era in alto e lei correva, per far presto e perché il tempo era poco e doveva scappare da Ciro che l’aspettava, seduto sulla Vespa, nella stradina dietro la farmacia.
-Dottore’…dammi l’acqua per i capelli, ia’-…l’acqua era l’acqua ossigenata, che lei usava pura, con il cotone idrofilo, per farsi le mèches, e in realtà se li bruciava tutti.
“Te li rovini, smetti” le dicevo. Finché un giorno, mi sono rifiutata di vendergliela. Le ho proposto di andare dalla parrucchiera, di fianco alla farmacia.

Ho sempre una parrucchiera di fianco, anche ora. Anche se mi taglio la frangetta da sola e ho lo stesso taglio di capelli da trent’anni. Le ho offerto un regalo di compleanno in ritardo, o in anticipo, poteva decidere lei, perché era luglio e lei è nata a dicembre. “Dottore’, ma tu si’ pazz. Mi mett’ scuorn”
“Vergogna? Di me?”…”Ma no… d’ess”.
“Ess” era la parrucchiera, che in effetti quando entravi ti squadrava da capo a piedi, che tu pensavi, scusa ma perché mi guardi così? Che se avevo i capelli in ordine, mica ci venivo da te, a farmi giudicare. E mi mettevo nei panni di Maddalena, con i suoi capelli distrutti e le mani rovinate dall’acqua bollente e le unghie con lo smalto sbeccato e quell’odore di candeggina e sapone di Marsiglia che si portava dietro quando arrivava.

E allora mi offrii di farglieli io, i capelli. “Ma si’ bbuon?” Dissi sì, ma non era vero. Contavo sull’asso nella manica. Mia madre. Sì perché quando mi avevano offerto quel lavoro estivo, Francesco aveva quasi tre mesi e io volevo dire no. Poi mia madre, aveva decretato “Vengo con te. Tu lavori, io faccio la nonna. Non morirà nessuno per tre mesi. E poi, devo imparare bene a fare il limoncello”.

Ma dovevamo superare lo scoglio della Superiora. Annunciammo la visita, e partimmo io, mamma e il piccino come specchietto per le allodole, un pomeriggio che forse c’erano quaranta gradi ma suor Angela ci ricevette sorridendo, con una limonata fresca, un caffè e le tende di lino candido, leggerissimo, che svolazzavano alle finestre dello studio che grazie ad un gioco sapiente di aperture e chiusure agli orari giusti, era quasi fresco. Con le imposte socchiuse, chiedemmo se tra le sue ragazze ce ne fosse una che poteva venire a darci una mano con la casa, che i neonati sono impegnativi, e io lavoravo fino a sera perché, si sa, le farmacie di mare non hanno giorni di riposo e, tranne la pausa pranzo, sono aperte fino a tardi. Tornammo vittoriose. Maddalena sarebbe venuta giù al borgo due volte alla settimana.

E in quei due giorni, Maddalena si trasformava. Letteralmente perché mamma, il primo giorno, brandendo le forbici le disse “Cara, tagliamo questi ciuffi color topo” che mia madre fa così, ti dice le brutture con il sorriso sulle labbra e con la mano che non ti pugnala ti porge un dolcetto, naturalmente fatto da lei. E tu soffri, ma meno, perché al tuo cervello arrivano lo zucchero e la cioccolata soprattutto, che allevia la tua frustrazione. E così Maddalena tornò in convento con una testolina tipo Caterina Caselli, che è la fissa di mamma.

E Suor Angela mangiò la foglia, ma non disse niente. “Donna Lia, si schermiva Maddalena, dicette così Ciro vicino a me, che so’ bbell assaije” e mia madre la abbracciava, intenerita. E le depilava le sopracciglia, senza pietà per le grida, e la faceva la ceretta, e impacchi di uova e olio d’oliva ai capelli, e di glicerina e olio di mandorle alle mani, che avevano ormai sempre lo smalto steso di fresco. E poi le regalava creme per il viso, antirughe, anche se aveva ventitré anni, perché la sua filosofia era, come oggi, che prevenire è meglio.

Maddalena si faceva aiutare da mamma a scrivere lettere a suo fratello, che faceva il giostraio, e non l’aveva voluta con sé perché era una vita complicata, e le mandava qualche soldo, quando poteva. Dieci, ventimila lire che lei metteva da parte per quando avrebbe sposato Ciro, che faceva il pescatore e, per arrotondare, il cameriere nel ristorante di pesce di un amico. Era bello Ciro, con i capelli ricci e neri, e certi muscoli che parlavano. E raccontavano di chili di pesce pescati e di cassette trasportate al mercato la notte e di funi tirate a forza di braccia. Tutto, con un sorriso dolce e ironico. E orgoglioso di quella sua ragazza, che quando camminava si giravano tutti
anche prima, figuriamoci ora.

Suor Angela aveva capito l’affetto tra Maddalena e mamma, e non diceva niente quando ormai tutti i pomeriggi la ragazza scappava da noi. Mamma aveva trovato nello sgabuzzino della casa dove abitavamo, una vecchia Singer, uguale a quella di sua nonna. Aveva portato Maddalena in un negozio di stoffe a Napoli e poi in edicola, e con Burda sul tavolo del salone, tagliavano cartamodelli e vestiti, e gonne, e camicette. E poi le aveva insegnato a tagliare i capelli. Tutto di corsa, che agosto era quasi finito e dovevamo partire. E qualche giorno prima, un pomeriggio, si è fatta i capelli, si è vestita elegante, ha lasciato Francesco con Maddalena e io l’ho scoperto perché l’ho vista passare davanti alla farmacia. “Mamma, come sei bella…dove vai?” “Dalla parrucchiera”

La settimana dopo Maddalena iniziava a lavorare lì. Da “ess”, che si chiamava Fausta, nome d’arte Fanny, più chic per una coiffeuse, e non era tanto male, alla fine. Andava a lavorare con la benedizione delle suore che l’avevano cresciuta, e di Suor Angela che le voleva bene assai, e le aveva ricamato senza dirle niente un po’ di corredo. E infatti si è sposata con
Ciro, che poi ha aperto pure lui un ristorante, e hanno avuto due figlie. Si è sposata con il vestito di nozze di mia madre, che glielo aveva portato con mio padre, lassù al convento da Suor Angela che piangeva di gioia, ed era bellissima Maddalena, e loro entrambi emozionati, mentre il fratello la portava all’altare, da Ciro, anche lui splendente e felice nel suo vestito blu notte. E poi, le bambine. La prima, Lia, che mia madre tenne a battesimo una domenica di maggio, tiepida e profumata, con un vestitino di sangallo bianco che le aveva cucito Maddalena e in vita un nastrino di raso rosso, come le scarpine, e anche oggi che ha vent’anni e frequenta l’Università, le scarpe sono la sua passione.

Fausta/Fanny le insegnò tutto quello che sapeva. E Maddalena imparò talmente bene che oggi è lei la titolare di quel negozio che nel frattempo è diventato salone di bellezza e anche spa. Si è inventata, parlando un giorno al telefono con mamma, lo shampoo sospeso. E lo offrono le clienti ricche a chi il parrucchiere non se lo può permettere. Lo pagano e lo lasciano lì. E qualcuno passa sempre a chiedere, e a nessuno succede di sentirsi dire “no”.
Perché, dice, “l’amore vero tiene le gambe buone, va in giro, cammina, scappa, ritorna…mica lo puoi tenere chiuso. Chell è”. Il suo modo di ringraziare la vita.

Simonetta Molinaro, 30 gennaio 2022