Adriano e la sua azienda virtuosa quando “stage” era parola sconosciuta
Stato Donna, 23 gennaio 2022. Italia lo vedeva arrivare dalla finestra del salone, dove apparecchiava la tavola solo per loro due. Tutti a letto, Lorenzo e anche i parenti di Adriano che, periodicamente, erano ospiti fissi e graditi e non come il pesce, perché tanto non se ne andavano certo, quindi meglio rassegnarsi. Ma in realtà a lei faceva piacere avere per casa gente, perché questo le permetteva di sentire meno il peso della solitudine che certi giorni viveva. Anche se comportava più lavoro e lei a volte era stanca. Ma non importava. Solo su una cosa non transigeva. Alle nove di sera, tutti dovevano sparire.
Lei si raccoglieva i capelli, si metteva il profumo, un po’ di rossetto e aspettava che lui arrivasse, per mangiare insieme, davanti alla vetrata a tutta parete che affacciava sulla piazza di quella cittadina così bella, dove le ciminiere non riuscivano ad intaccare la magia, la storia e la cultura.
E gustava quel momento di silenzio, con un libro in mano, ed era quasi contenta che arrivasse tardi, perché era l’ultimo ad andar via dall’azienda, era come se la chiudesse, di fatto. “Buonasera dottore” gli diceva il custode, che gli veniva da sorridere ad Adriano perché lui, con la scuola, aveva chiuso presto le relazioni, ma capiva che in quel “dottore” ci fossero tutto il rispetto, la stima, il riconoscimento e anche la riconoscenza che tutti i suoi dipendenti
gli riservavano. Perché aveva un intuito speciale, una capacità di andare oltre le apparenze, che avevano reso la sua azienda un gioiellino.
E poi l’umanità, che gli faceva chiamare per nome tutti, e di tutti conosceva le storie familiari, le mogli, i mariti, i figli. D’accordo con Italia, che in azienda andava poco per via di Lorenzo, il loro unico figlio che aveva problemi seri di salute, avevano pensato, quando “stage” era ancora una parola sconosciuta e i navigator dovevano ancora letteralmente nascere, che tutti i figli dei dipendenti che si diplomavano, andavano in azienda durante l’estate, per imparare come funziona il mondo del lavoro.
E, alla fine dei tre mesi, ricevevano una somma, che permetteva loro di iscriversi all’Università se volevano studiare e di non pesare sul bilancio familiare se invece si mettevano a cercare lavoro. Non avevano istituito borse di studio perché gli sarebbe sembrato di escludere chi, per qualunque motivo, dalla timidezza a situazioni familiari magari articolate, non riusciva a brillare. E ognuno di quei ragazzi che si iscrivevano all’Università era per Adriano una vittoria personale, perché ancora oggi è quello della scuola, il suo più grande rimpianto. Esclusa Italia, naturalmente.
La quale aveva poi fortemente voluto che a piano terra, dietro gli uffici, due stanze fossero riservate ai figlioletti piccoli dei dipendenti. Il nido, con uno spazio per le mamme che allattavano e i pupazzi sui muri, e le cullette per la nanna, tutte donate da amici entusiasti. E poi una specie di ludoteca per i più grandini il pomeriggio, che anche le mamme fanno i turni e non tutte hanno le nonne a correre in aiuto e le baby sitter a volte uno non se le può permettere. Erano partiti quasi per gioco e ad un certo punto si erano ritrovati ad essere un caso di studio e avevano anche rilasciato interviste e cose così.
Pensava a tutto questo Adriano quando saliva in macchina, e faceva tutto con calma, perché quel tempo necessario per tornare a casa era un tempo solo per lui. Nessuno lo cercava per fargli firmare carte, o per decidere al volo di che colore verniciare certe strutture che arrivavano, impeccabili, dalla Turchia, che ancora se le ricorda per come erano fatte bene. Nessuno lo chiamava per fatture da saldare o ddt da controllare, incrociando ordini e commesse. Nessuno dei suoi parenti, ed erano tanti, solo di fratelli ne aveva sei, lo chiamava per chiedergli soldi in prestito. Che poi prestito si fa per dire, non aveva mai visto tornare niente. Ma siccome, grazie a Dio, il lavoro andava benissimo, faceva finta di niente anche se dentro di sé riconosceva perfettamente le cose e le persone, e sapeva che anche tra i suoi fratelli c’era chi se ne approfittava.
E lo aveva detto a sua madre, una volta, in cui era tornato a casa, in Basilicata, per vedere suo padre che stava male. Seduti al tavolo della cucina, lei gli aveva affidato i fratelli, consapevole anche lei di tante cose. E lui, una volta mi ha raccontato di questo legame con la madre. Del fatto che lei accarezzava tutti i suoi figli, li coccolava tutti. A lui, meno. Ma non perché gli volesse meno bene. Al contrario. Perché lui era come lei. E lei lo sapeva. Sapeva che se la sarebbe sempre cavata. Sapeva che avrebbe aiutato gli altri. Le madri lo sanno, anche se non hanno doni di preveggenza. Lo sanno e vedono cose.
Che poi lei certe doti le aveva davvero, ma quello è un altro discorso, e Adriano ci crede ma non ne parla. Perché una volta, di sfuggita, mi ha detto “vedo cose” ma io non ho capito e neanche chiesto, perché Italia era morta da poco e la mente è strana, a volte. E ci si può credere o no, e poi ognuno ha il proprio modo di elaborare e se lui le parla mentre cucina o mentre passeggia nel borgo, su in montagna, il loro rifugio, non sarò certo io a scuotere la testa, commiserevole.
Poi l’altro giorno me lo ha detto. Quando i ricordi fanno più male le parla, la cerca, perché vorrebbe un segno che non arriva. Vorrebbe sapere dove si trova, come sta. E allora si arrabbia e toglie le foto dal muro poi si pente e le rimette al loro posto. Ma niente cenni. Solo quelli della sua nuova compagna che, lui dice, lo ha salvato perché quando Italia è morta, lui è come impazzito, e ha iniziato a dare la caccia a tutte le donne che incontrava e “avevo posato gli occhi anche dove non dovevo”, dice. Lei lo ha fermato, nella sua totale antitesi rispetto ad Italia, ma con la fermezza del pragmatismo che l’ha riportato nel mondo.
E adesso, quando vede che toglie le foto, e poi le rimette, e poi ne aggiunge altre e poi le toglie ancora, fa le valigie e raggiunge suo figlio che abita in un’altra città, e torna quando la crisi è passata.
E non si dicono niente perché non è che si debba sempre parlare per forza. E, certe volte, i pensieri, possono bastare.
Simonetta Molinaro, 23 gennaio 2022