Quando lei non vede i segnali e dice: “Si è innamorato di un’altra”

StatoDonna, 16 gennio 2022. Eravamo lì, in veranda nella casa di mare, con le imposte turchesi come in Grecia. Fumava anche se erano le sette del mattino e non era neanche la prima. Come le caffettiere, che eravamo già alla seconda ed era quasi finita. Seguivo con il piede nudo i disegni delle maioliche del pavimento della cucina, fiori e arabeschi che si intrecciavano, e uccellini che facevano capolino ma li vedevi solo se guardavi con attenzione. E io mi fingevo interessata a quei ricami e non parlavo perché non sapevo che dire. Era arrabbiata, ma la voce incrinata svelava la ferita, aperta. Ed era imbarazzante perché non eravamo mai state grandi amiche, non mi era neanche simpaticissima. Io sono amica di lui. Amica è poco, in realtà.

I nostri padri si erano conosciuti all’università e le nostre madri, dopo cinquantasei anni, si sentono ancora tutti i giorni e sanno cose l’una dell’altra che noi figli, noi due e i nostri fratelli, non immaginiamo neanche. Io e lui siamo nati a novantaquattro giorni di distanza, io più giovane, e questo fa sì che mi tratti come una sorella minore e anche un po’ mentecatta.

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I nostri genitori organizzavano vacanze al mare che erano per me incubi perché “Non ce la fai a fare windsurf” “Non ce la faccio perché peso trenta chili” gli dicevo.

Poi organizzavano vacanze in montagna e una volta io avevo un libro da finire per forza e con attenzione, perché Agatha Christie bara nei suoi gialli e per capire chi è stato devi ragionare come lei e quindi non ero andata su, in un rifugio che si raggiungeva con una ferrata. “Hai fatto bene, non ce l’avresti fatta.”, mi disse quando scesero, dimenticando che io quel rifugio lo avevo visto la prima volta a dieci anni, quando mio padre e mio zio
trascinavano noi quattro cugini per il Trentino che i 100 punti dell’Azienda di Soggiorno li abbiamo accumulati in un mese e non si vinceva neanche niente, ma vuoi mettere la soddisfazione, ci dicevano quei due quando la mattina li vedevamo preparare gli zaini e c’era un fuggi fuggi generale, lacrime e mali immaginari e anche Lola, il pastore maremmano non uno yorkshire, piangeva e si nascondeva sotto al letto.

E tralasciava anche di dire che quella ferrata la facevano signore di ottanta anni e i tedeschi con le Birkenstock. E si dimenticava che io arrampicavo. Dove “arrampicare” in montagna ha un significato preciso. Ma con me non vinceva perché io sono nata assertiva, gli rispondevo ridendo e continuavo per la mia strada, e poi quel giorno ero troppo contenta perchè avevo pure indovinato l’assassino. E ci siamo ritrovati all’università, la stessa dei nostri padri, e ci siamo aiutati e sorretti e fatto compagnia. E cucinato quando uno dei due aveva la febbre, e consolato quando andava male un esame e festeggiato insieme le vittorie. E ci siamo ammazzati di risate sui fidanzati reciproci, che non andavano mai bene all’altro, ma mai interferivamo apertamente.

E mi veniva in mente il bagno della sua casa di Bologna, mansardato, che dovevi entrare piegato sulle ginocchia anche io che sono piccola e poi l’asciugatrice, forse un prototipo, che i jeans uscivano rigidi e di una taglia di meno e lui che per entrarci si stendeva sul letto, un vecchio trucco di noi ragazze che gli avevo spiegato un giorno, con fatica perché ridevo con le lacrime mentre lui si disperava perché arrivava lei ed era la prima volta. E tutto doveva essere perfetto e io lo avevo aiutato a cucinare e a pulire la casa, e avevo comprato i fiori e però ci eravamo scordati di lavare i jeans per tempo. E ora era inguainato in una specie di budello e tutto era più difficile perché ridevamo troppo. Ma poi era andato tutto bene, perché era lei la fidanzata.

Ed era sempre lei quella volta che avevano litigato e lui era venuto a casa “Mi dai 10000 lire? Devo andare a Rovigo”. Aveva comprato un’ orchidea e con il Vespone era partito. Un freddo cane, ma doveva andare perché avevano litigato. Aveva citofonato, lei era scesa, le aveva dato l’orchidea senza parlare ed era ripartito. Per un totale di forse quaranta secondi. Strategia vincente, perché poi hanno fatto pace, evidentemente, anche se lui il giorno dopo aveva trentanove di febbre e io lo dovevo assistere, e preparare brodini di dado che se lo sanno le nostre madri ci tolgono il saluto anche ora, perché certi reati non cadono mai in prescrizione.

Ascoltavo e mentre lei parlava mi veniva in mente tutto questo e mi sentivo male. Mi ricordavo di quando erano nati i bambini, tre, e lui ogni volta si era alzato per mesi alle cinque per preparare i biberon di latte artificiale da tenere in frigo per tutta la giornata, perché lei non voleva allattare e non la voleva fare stancare. Poi andava a lavorare, a 150 km da casa, e tornava la sera tardi e non una volta ha rischiato di addormentarsi e certe volte mi chiamava “Fammi compagnia, sennò mi trovano addormisciuto” che dire morto non piace a nessuno.

E mi raccontava, mortificato, della distanza di lei che faceva sempre un po’ la preziosa come se ogni volta gli facesse un favore, per ogni cosa. Il suo non accorgersi dei sacrifici di lui, che fa il chirurgo, mica per niente, ma devi essere sveglio e attivo. Le pretese anche eccessive, perché la barca va bene ma un transatlantico non serve. E le vacanze possono
durare un mese, ma due o tre sono troppi. E allora, stuoli di baby sitter e tate madrelingua per giustificarne la presenza e i nonni mai perché vincolano troppo. “Gli devi parlare. Gli devi chiedere cosa è successo” mi ha detto.

Mi chiedevo, mentre la ascoltavo, quando si inceppi il meccanismo, come fai a non vedere i segnali e se li vedi perché li ignori. Che poi sono le domande che ci facciamo tutti, una volta nella vita. E vogliamo risposte dagli altri perché le nostre sono brutte e ci manca il coraggio. E poi i figli, i genitori, le apparenze, gli egoismi, le paure, le responsabilità, gli atti mancati, le cose date per scontate, l’assenza, l’invadenza, il silenzio, le parole fuori luogo, le discussioni, le riconciliazioni, le colpe di entrambi perché così è, le bugie, la verità. Tutto e il suo contrario. E tutto vale, ma una cosa di più. “Porto via i bambini” ho detto.

Simonetta Molinaro, 16 gennio 2022

Simonetta Molinaro

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