Capitanata napoleonica, 20 anni di riforme e trasformismo

StatoDonna, 8 gennaio 2022. Aveva trattato l’argomento già nella sua tesi magistrale, “L’élite amministrativa di Foggia nel Decennio francese” lasciandolo circoscritto alla città capoluogo. In questo libro, invece, “La Capitanata napoleonica. Istituzioni e ceti dirigenti dall’Università alle Municipalità ai Comuni” (edito nel maggio 2021 dalla Fondazione Monti Uniti), il focus della ricerca si è ampliato comprendendo, oltre a Foggia, anche Cerignola, Manfredonia e San Severo, pure centri nevralgici della Capitanata.

È il frutto delle mie ricerche per il dottorato in Storia, Cultura e Saperi dell’Europa Mediterranea”, dice l’autrice Roberta Sassano. Il dottorato è stato conseguito all’Università degli Studi della Basilicata nel febbraio del 2020, in cotutela con l’Università degli Studi di Foggia, dove si è formata e laureata e con la quale collabora in qualità di “Cultrice della materia” presso la cattedra di Storia moderna del prof. Saverio Russo. (con lei nella foto di copertina).

L’ analisi cronologicamente abbraccia circa un ventennio, dal 1796 al 1816 e si concentra  soprattutto sulle istituzioni e i ceti dirigenti di Capitanata nel periodo napoleonico, passando per la Repubblica napoletana del 1799 e la successiva Prima Restaurazione borbonica. Sassano parte dal generale, il Regno di Napoli, e arriva al particolare, vale a dire alla Capitanata e ai quattro case-studies presi in esame.

“Il mio scopo è stato soprattutto di carattere divulgativo, volevo far conoscere a quanti più fruitori possibili la storia locale, del nostro territorio, che spesso è davvero poco conosciuta o peggio ancora ignorata. Uno dei problemi del nostro territorio, infatti, a mio avviso, è che pur avendo tante bellezze, non sempre siamo in grado di valorizzarle e sicuramente di conoscere le nostre radici, pertanto mantenere la memoria storica potrebbe aiutarci da questo punto di vista”.

La presentazione all’Archeoclub di Cerignola a dicembre scorso

Il periodo napoleonico è analizzato dal punto di vista delle riforme fondamentali che hanno lasciato un segno indelebile sia sotto il profilo politico-istituzionale che socio-economico, portando al superamento della società di ancien regime.

Fra gli esempi delle riforme più significative ci sono l’eversione della feudalità del 1806, l’abolizione della Dogana della Mena delle pecore fondata nel 1447 da Alfonso d’Aragona per regolamentare la transumanza – e che costituì per più di tre secoli una delle massime fonti erariali del Regno di Napoli-, la soppressione degli ordini religiosi, con il relativo incameramento dei beni ecclesiastici, la riforma delle amministrazioni provinciali e comunali, con l’affermazione di nuove figure amministrative quali i sindaci, i decurioni (antesignani degli odierni consiglieri comunali), che sarebbero rimaste in vigore fino ai giorni nostri.

“Fu un cambiamento molto radicale, le cariche pubbliche passarono dall’essere legate al ceto di appartenenza, com’erano state durante tutto l’ancien regime, a censitarie, vincolate al censo, o all’esercizio di una professione liberale, sulla base di apposite “liste degli eleggibili”.

Da questo rinnovamento il ceto che ne uscì maggiormente rafforzato fu quindi quello borghese, in particolar modo la borghesia agraria, che beneficiò della quotizzazione dei demani seguita all’eversione della feudalità, nonché della vendita dei beni ecclesiastici, e la borghesia delle professioni, la quale trovò nella capillare burocrazia caratterizzante la macchina organizzativa dello stato napoleonico ottime occasioni di carriera e di progressione sociale.

“Conoscere questo periodo così cruciale della nostra storia, in quanto propedeutico al processo di unificazione sociale, può essere davvero molto utile anche per comprendere le dinamiche e i problemi del nostro territorio nel presente. I destinatari non sono soltanto gli studiosi o gli appassionati di storia, ma un pubblico che sia il più ampio possibile, perciò, nonostante abbia cercato di mantenere il massimo rigore storico, nel contempo ho voluto dare un taglio non troppo specialistico per farne un testo fruibile e divulgativo, che partisse dal passato per spiegare il presente. In effetti, nonostante sia risaputo che la “Storia è maestra di vita”, risulta essere altrettanto vero, come sottolineava Antonio Gramsci, che “La Storia insegna ma non ha scolari”, in quanto non siamo abbastanza bravi ad apprendere dagli errori del passato”.

A questo proposito aggiunge: “Ho analizzato per gli anni studiati nel mio volume il trasformismo dei ceti dirigenti. Il periodo napoleonico fu innovativo sotto il profilo delle riforme politiche, sociali ed economiche, ma per quanto concerne la conformazione dei ceti dirigenti, ci furono più persistenze che innovazioni, in quanto le élites di Capitanata seppero abilmente e spregiudicatamente mantenere le loro rendite di posizione anche nel passaggio dai Borbone ai Napoleonidi.

E questo trasformismo non è forse stato uno dei segni distintivi dei ceti dirigenti non solo di Capitanata, ma in senso più ampio di tutto il Paese nel corso degli anni?Ecco che quindi conoscere queste dinamiche e questi eventi del passato ci potrebbe aiutare a non commettere sempre gli stessi errori o almeno questo è il mio auspicio ed è ciò che provo ad insegnare ai miei studenti dell’I.T. T.  “Altamura-da Vinci” di Foggia, dove insegno Lettere”.

Dopo la prima presentazione del volume a Foggia nella sede della Fondazione Monti Uniti lo scorso 29 settembre e quella organizzata a Cerignola dalla sezione locale dell’Archeoclub dell’11 dicembre, sono previste altre due tappe entro la prossima primavera: una a San Severo, con la collaborazione della sezione locale della Società di Storia patria per la Puglia, e l’altra a Manfredonia, ancora in itinere per quanto concerne le modalità organizzative.

Redazione

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