StatoDonna, 14 dicembre 2021. Se non l’avete ancora vista, ponete rimedio! Parlo della serie di Zerocalcare che va in onda su Netfilx, “Strappare lungo i bordi”, 6 puntate di pochi minuti che strappano sorrisi ma che fanno riflettere.
Nelle puntate troviamo il protagonista, Zerocalcare, che spesso si interfaccia con la sua coscienza, l’Armadillo, e che vive una quotidianità del tutto condivisibile con tutti i problemi annessi. L’incertezza lavorativa, le difficoltà interpersonali, tutto ciò che accomuna Zerocalcare a ciascuno di noi, che almeno una volta nella vita si è sentito così.
Zerocalcare ci fa vivere le sue ansie e paure, non diverse da quelle presenti in noi, quel senso di smarrimento per un futuro all’insegna del punto interrogativo. Temi sentimentali, ripercorrere episodi scolastici del passato, il tutto raccontato con un forte accento romano e un linguaggio non proprio pulito se vogliamo dirla tutta, ma arriva diretto, e se pur all’inizio sembrano dialoghi senza troppa pretesa, devo dire che lasciano un non so che, che fa riflettere.
Molto belli secondo il mio parere, sono i dialoghi tra Zerocalcare e la sua coscienza, l’armadillo, animale scelto non a caso, ma per le sue qualità di protezione e resistenza.Sarà che in questo momento vedo così raramente qualcuno che si fa un esame di coscienza, capace di mettersi in discussione e pronto a fare ordine nei suoi pensieri. Molto belli in questa serie a mio avviso, sono stati due passaggi evidenziati. Il primo è quello di Zerocalcare che buca la gomma della macchina e che fa un discorso rispetto al fatto che non è socialmente accettabile che un uomo chieda aiuto. Quanto è ancora vera questa credenza nel nostro mondo? Quanto ci si vergogna?
L’altro episodio da me preferito, è stato il momento in cui Zerocalcare si sente in colpa nei confronti della maestra di matematica, poiché pensa di deluderla dal momento che non si sente competente in quella materia. L’amica gli aprirà un mondo, lo farà ragionare sull’eccessiva importanza che lui dà a questa credenza, e al reale fatto che lui è un alunno come altri, che non è il centro del mondo della professoressa, un numero in mezzo a tanti numeri, un filo d’erba in un prato. È così che Zerocalcare si rasserena e si alleggerisce di quel peso di responsabilità che portava con sé.
Questa serie accomuna un’intera generazione, che ogni giorno deve fare i conti con la rinuncia ai propri sogni e alle delusioni che queste rinunce portano. Ho letto che ovviamente, come per qualsiasi cosa, le critiche non sono mancate; c’è chi non ha apprezzato la troppa “romanicità”, chi dice che parla di una piccola minoranza, riferita a chi ha pressappoco l’età di Zerocalcare, tagliando fuori tutte le altre generazioni, chi addirittura lo trova diseducativo.
A me, nella sua semplicità, è piaciuto. Non sempre occorrono dialoghi impegnativi per apprezzare un programma televisivo, e se attraverso questa serie qualcuno sarà entrato in contatto empatico con Zerocalcare e su come ci si sente in questo tempo, beh, credo che possa far sentire meno soli. Sentirci meno soli, vedere che ciò che provo io non è diverso da quello che provano gli altri mi fa sentire meno al capolinea della vita. Come Zerocalcare che si frantuma la testa con i suoi sensi di colpa, così molti ragazzi, probabilmente invisibili a questa società, affrontano i giorni, e da terapeuta posso dirvi che i sensi di colpa attivano una serie di giudizi negativi che ognuno dà a sé aprendo spazi di riflessione sul proprio comportamento, anche quando esso non dovrebbe essere messo in discussione.
“Sei cintura nera di come si schiva la vita” ripete l’Armadillo a Zerocalcare. Facciamo nostra questa frase per motivarci quando ci sembra tutto nero!
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